La Lombardia, redenta colle vittorie e con regolari trattati dalla dipendenza austriaca, diveniva parte del regno sardo, poi del regno d’Italia. Milano, senza perder della sua floridezza nè, speriamo, delle sue ricordanze, non restava che il capo d’una provincia, e l’Istituto, che prima era stato nazionale, cioè primario corpo scientifico di tutto il regno d’Italia, indi erasi ristretto al Lombardo-Veneto, poi al solo dominio Lombardo, trovossi per ispontanea rifusione, privato d’ogni ingerenza sull’arti e l’industria, d’ogni contatto col pubblico, mediante le esposizioni, d’ogni partecipazione col Governo che non lo interroga. Pure da queste angustie potrà uscire non col crogiolarsi nel riposo, suggerito dall’odierno scoramento, ma col tutelare il bello e glorioso nome sotto cui nacque; col mostrarsi degno di quell’eredità mediante lavori che cooperino efficacemente alla cultura intellettuale e morale non solo della Lombardia ma dell’intera nazione; e persuadersi che un uomo o un corpo non è grande se non coll’ostinarsi a qualche cosa di grande.