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Regio, perdute le sezioni di Bologna, Padova, Verona, Venezia, pur conservandosi primo corpo dotto del regno Lombardo-Veneto. Come tale, era spesso consultato dal Governo, ma non più per la nomina dei professori o la scelta dei testi; perocchè, essendosi accentrato ogni cosa a Vienna, dava ombra una rappresentanza officiale della scienza italiana. E sebbene in quel tempo siasi rimpastata tutta la pubblica istruzione, siansi stampati, compilati, tradotti, sperimentati tanti libri di testo, mai non fu sentito su tal proposito l’Istituto1.

Può benissimo non aversi in un paese una data istituzione: ma quando esiste, il Governo che. non sa o non vuole valersene, che la lascia languir d’inedia, che così la scredita nell’opinione degli altri e nella coscienza di sè stessa, non mostra intendere i doveri suoi, che consistono appunto nel giovarsi di tutte le forze, e nel favorire la libera attività di tutte le capacità.

Delle antiche attribuzioni gli fu conservata quella di distribuire annualmente i premj su temi scientifici proposti, e sui miglioramenti dell’industria e dell’agricoltura. Fu questa sempre la più bella solennità dell’Istituto, e la miglior occasione di attestare pubblicamente la sua vitalità, e se a scientiæ delaclione ad efficiendi utilitatem referre2: poichè metteva a contatto lo scienziato coll’operajo, le teoriche colle applicazioni, siccome dee chi voglia che la scienza non sia medaglia di gabinetto, bensì moneta di corso effettivo.

Onde proferire i giudizj era necessario conservare l’Istituto, e in fatti continuarono le pensioni ai membri superstiti, ma più non se ne nominarono di nuovi; nè tornate ordinarie, nè pubblicazione di Memorie, tutto adempiendosi da un secretario, che prima era Luigi Bossi, poi l’astronomo Carlini.

Da un pezzo rinfacciatasi a Vienna, che, unica fra le capitali d’Europa oltre Costantinopoli, non avesse un’Accademia di scienze: e ciò sopratutto ripetevasi dal noto orientalista barone De Hammer. Salito al trono Ferdinando I, e cessata quella falsa economia con cui Francesco I manteneva il silenzio intitolato pace, dove a tutto doveano supplire le dolcezze della vita materiale, e soffogarsi nella pinguedine le generose aspirazioni, fu eretta un’Accademia a Vienna; poi quando quell’imperatore dabbene venne per la corona lombarda nel 1838, fu ridonata vita all’Istituto.

Ma se prima era il corpo dotto supremo del regno d’Italia, poi erasi ristretto al Lombardo-Veneto, allora fu limitato alla Lombardia, un altro istituendosene a Venezia, col quale il Lombardo non aveva nessun appiglio.

Allora pure fu staccato dall’Accademia di Belle Arti. Componeasi di quaranta membri, fra cui venti pensionati, coll’incarico di provvedere alla cultura del regno, di rispondere alle interpellanze del Governo, di curare la distribuzione de’ premj ad anni alternati con Venezia, e di comparire a

  1. Fece altrettanto il Governo del nuovo regno d’Italia.
  2. Cicero, de rep. V, 3.