tati da orafi precedenti. E chi della poesia faccia una riflessione attiva dell’uomo sopra sè stesso, la quale non trae il proprio ideale da altra, ma lo deduce dai sentimenti che son d’ogni tempo e luogo, modificati ai costumi, alle istituzioni, alle convenienze nazionali, e presentando così l’esistenza reale, vive d’alito proprio, immedesimandosi agli affetti tutti e a tutte le contingenze solenni della vita; chi, con sentimento e convinzioni profonde, non invochi protezione dai grandi e applauso dalla folla, ma quella libertà* che vive nella coscienza di ciò ch’è giusto e buono, non cerchi lode di talento, ma di trovarsi faccia a faccia colla verità; non miri al caleidoscopio dell’opinione, il cui giogo può esser gravissimo dove leggerissimo è quel della legge; chi serbi l’individualità quando tutto tende a livellarsi, a fondersi, ad accomunarsi, distruggendo e carattere e originalità; persuaso che la poesia, interprete dell’idea divina, dee farsi mezzo di fede, di consolazione, di buon senso, di benevolenza, stromento primario di educazione sociale, propagando abitudini di dolcezza, di tolleranza, di buon senso, irreconciliabile dispetto per la iniquità come riverenza ai diritti, lume alle dubbiezze, impulso alle volontà: chi, rivolgendosi sovra sè stesso, e i pensieri e gli affetti concentrando nell’indivisibile punto della coscienza, indaghi l’idea sotto al fenomeno, il lato serio sotto al frivolo, e nel solenne spettacolo delle grandi realità ogni cosa riferisca all’uomo, faccia il carattere predominare al pensiero, e aspirando meno al vanto di poeta che a quello di probo cittadino, non s’abbandoni alla corrente degli eventi, ma li signoreggi; se ne’ rapidi cambiamenti di scena s’ingannò, sappia punirsi col tacere; se sentendo di star colla ragione, malgrado la condanna dei fatti, aspetti nella certezza che ciò ch’è giusto è eterno; costui sceglierà via diversa dal Monti; e vorrà esser, non l’ultimo poeta del passato, ma il primo dell’avvenire.