Perticari, ove dettò il Sollievo alla melanconia (1822); ma poco appresso ebbe a piangere la morte di questo suo dilettissimo genero. Abitualmente dimorava a Milano in una casa a pigione, quasi rimpetto a San Giuseppe, e villeggiava or a Cernobbio dal Londonio, or a Ornate dal Trivulzi, or a Sesto dall’Oriani, or a Garaverio presso Luigi Aureggi, buon uomo che gli voleva bene alla schietta, e che egli ne’ versi di riconoscenza mutava in uom grande. Onestissimo anche in un’età ove il latrocinio ammantavasi di patriotismo, desiderava giovare altrui, se non altro con lodi che prodigò anche a mediocri. Subitaneo all’ira come all’affetto, prontamente si placava, per quanto gliel consentiva quell’alta stima di sè stesso che trasuda da ogni riga. Tale persuasione di sè lo campava dall’invidia, e da quell’altra forma d’invidia, la gelosia; e i suoi rabbuffi nasceano dal credere disprezzabilissimi a tutto il mondo coloro che non accettassero la sua sentenza: pronto a riamarli al primo grano di incenso che gli bruciassero, e ordinare alla posterità di riverirli1. Duole
- ↑ Urbano Lampredi, del quale parlammo nella nota 39, scrisse appunti sulla propria vita, come tant’altri, per uso di monsignor Muzzarelli, che volea fare biografie di viventi, e che poi furono scorrettamente quanto impudentemente pubblicate a Torino, dal Pomba, 1853. Ivi si fa grande ammiratore del Monti, e sopratutto vuol mostrare che se, dopo la rivoluzione del 31, egli fu cacciato da Napoli, non era per colpe politiche nè intrighi settarj, ma per vendetta del duca Mollo e del principe di Canosa.
In quella stessa infelice pubblicazione, sotto il titolo di V. Monti, è una relazione sopra questo poeta, stesa, dicesi, da persona che ne fu intima, e che vuole scagionarlo della versatilità politica. È firmata Pietro Giordani, ma basta il minimo criterio per conoscerla di Urbano Lampredi. Racconta egli come riconciliasse in Firenze col Gianni il Monti, pur meravigliandosi non l’avessero impiccato a Roma pel sonetto Padre Quirin: poi le nuove capiglie col Gianni, «gobbo che ha molto spirito», diceva Buonaparte, e che irritava il Monti principalmente coll’ingiuriarne la moglie, fior di bellezza e non ricca. Confessa sua opera la critica comparsa nella Decade di Parigi, alla quale rispose il Monti nella lettera a Bettinelli, rendendogli pan per focaccia. Pure il Lampredi si riconciliò col Monti a un pranzo da Paradisi, e gli fu sempre amico. In quella lettera al Bettinelli diceansi vituperj di persone care al vicerè, locchè tolse che il Monti fosse nominato senatore.
Alla nascita del re di Roma si insisteva perchè cantasse: ed egli vi ripugnava perchè scontento della politica di Napoleone e del titolo dato a questo bambino, e non confidava ne fosse duratura la potenza. Pure, incalzato da Breyslak, da Lamberti, da Paradisi, fece le Api Panacridi. Avrà insistito viepiù la moglie, la quale sapeva che al ministero dell’interno era deposto un migliajo di zecchini, da dargli