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vincenzo monti 131


— Tranne la Jerogamia, nelle altre mie composizioni ho gettato colla parsimonia debita gli ornati della mitologia». Come potea dir così, mentre sono di soggetto essenzialmente mitologico la Musogonia, il Prometeo, la Feroniade, le Nozze di Cadmo ed Ermione? Nella dedica della Jerogamia di Creta, intonava a Napoleone: — Disperando l’umano pensiero di trovare altrove l’idea della vostra grandezza se non la cerca ne’ campi dell’immaginazione, non istupite, o sire, se le Muse dinanzi a voi, malgrado il divino loro intelletto, sono costrette di rifugiarsi sotto l’arcano velo dell’allegoria. Essa è il modesto linguaggio della verità rispettosa: e la jerogamia del maggior de’ mortali non potevasi degnamente adombrare che in quella del maggior degli Dei». Con più di sincerità poteva dire che senza mitologia non avrebbe potuto cantare tante futilità, verseggiare tante adulazioni.

Da vecchio ritoccava anche i suoi prischi versi, e dovea cagionargli qualche riflessione il veder quasi soli, o più di tutti sopravvivere nelle memorie quei della Bassvilliana. Neppur vecchio osò bruciare la sua traduzione della Pulcella d’Orleans1.

La Feroniade avea cominciata in onore di Pio VI, asciugatore delle Paludi Pontine, ove la dea Feronia aveva ottenuto culto; poi la rivolse a onore della viceregina Amalia; caduti i Napoleonidi, le cercava un mecenate, e speravalo in Pio VII; finì per dirigerla alla marchesa Trivulzio. Era certamente strano il ridestare e accumulare’ tutte le fole della mitologia a proposito d’un’operazione idraulica, anzi inventarne di nuove, com’è l’adulterio di Giove con Feronia, e la gelosia di Giunone che batte la fanciulla, e stizzita rompe la specchiera: e tutto per conchiudere in lodi a Pio VI. Ma non è possibile legger versi più ricchi di diamanti classici, e più poveri di originalità. Pochi gliene mancavano a finirla, ma non gli riuscirono mai a desiderio, nè lo accontentarono quelli che, sul pensier suo, foggiavano Felice Belletti o Pietro Maggi o alcun altro amico.

XV.

Perocchè, sbrattato allora dai due gran nemici, gl’invidi e gli adulatori, da rispettosi amici traeva conforto alla sua vecchiaja. In pericolo di perdere la vista, fe lunga dimora a Pesaro nella casa del

  1. Da chi l’ebbe da lui in deposito fu consegnata alla biblioteca di Bergamo.