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108 | illustri italiani |
sartore, tenevasi sul deschetto il Tasso e l’Ariosto, datosi all’improvvisare, riuscì de’ più meravigliosi; fortunato anche d’imbattere a Genova l’avvocato Ardizzoni, che a mente raccoglieva le sue poesie. Vantato in Roma sin a farne un emulo del Monti, fuggì di là col Salfi dopo assassinato Bassville. A Firenze improvvisava colla Fantastici, che amò, poi infamò in abjetta satira; e l’Alfieri lo ammirava, pronunziando però che quello era men tosto un improvvisare, che un comporre in fretta; alludendo al suo lento declamare. Non mancano di merito que’ suoi componimenti, ma troppo spesso enfatici come le scritture d’allora, quando gli s’applaudiva se cantava che nel 99 a Napoli
Le prigioni mancarono ai vivi, |
A Milano preso il volo sull’ale della consorteria dominante, e messo secretario al ministero degli esteri, promosse l’incendio della Bassvilliana, e dava risalto a ogni torto del Monti, che il ripagò nella Mascheroniana, definendolo «di Libetra certo rettile sconcio, che, supplizio di dotti orecchi, cangiò l’ago in cetra», e «tutto parossismo di delfica manìa, vate più destro la calunnia a filar che il sillogismo»1. Gli applausi del vulgo, sempre stupito dell’arditezza, inebriavano il Gianni fin a credersi il principe de’ poeti; sicchè la rivalità fra i due scrittori era quistione di principato. Il Gianni diceva: — Io non ho mai pubblicato un solo verso che blandisca la tirannia, e che adonesti l’infamia dell’opulento. Ciò valga perchè io sia più grande di chi abusò del suo ingegno per magnificare il delitto».
Alternarono inimicizie e conciliazioni, finchè si venne al massimo scoppio.
Della Spada di Federico eransi fatte dieci edizioni in cinque mesi, tre versioni latine, una in francese, e aveanla lodata «Bettinelli, Mazza, Cesarotti ed altri che il pubblico riconosce come il fior della nostra letteratura». In questo fausto successo avea gran parte l’adulazione all’adulato; ma altri, che nè al lodatore nè al lodato vo-
- ↑ Essendosi proposto di ascriverlo dell’Istituto Italiano, il Monti, chiesto del suo parere, proferì: — La natura, dal canto suo, ha fatto di tutto per farne un gran poeta. È maravigliosa la sua facoltà poetica, ma non la coltivò come si dee, collo studio de’ classici e il corredo delle scienze e della critica».