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90 | illustri italiani |
Ma bugiarda e mal sicura |
Questa nobiltà di principio finisce nel troppo consueto macchinamento di fantasmi parlanti, qual è la torva ombra d’Annibale, che per la Cozia valle vien a discorrere con quella di Dessaix; e nell’adulazione all’eroe, al quale inneggiò pure per la pace che seguì, pregando questa dea:
D’Hoenlinda e Marengo ai vincitori |
Alla festa nazionale della Repubblica il 16 giugno 1803 consacrò la canzone Fior di mia gioventute; e l’anno appresso, alla ricorrenza medesima, il Teseo, azione drammatica, rappresentata alla Scala; poi una povera ode al Congresso cisalpino a Lione. Eppur l’eroe ch’e’ divinizzava in versi e in prosa, già parevagli diverso da quel ch’egli se l’era figurato. — Nullameno (scriveva all’abate Fortis) l’abitudine di lodar un uomo che finora mi è parso il più grande di tutti, m’ha fatto novamente cader nelle sue lodi, dimenticando i mali orribili che i suoi generali ci hanno cagionato.... Te beato che nulla vedi in distanza, e non senti che per consenso! Vi son momenti ne’ quali vorrei esser bruto, o ruminare come bruto. Finirei coll’andare al macello, ma almeno non avrei meco un altro carnefice, la ragione».
Anche qui esagerato, e avrebbe dovuto dire che il carnefice sua era l’opinione. Veramente Buonaparte, incapace di rimanere il primo cittadino d’una repubblica, volle esser imperatore e re; e il Monti, per la coronazione di lui, tessè una cantica, ove fa apparirsi l’ombra di Dante a consigliare all’Italia di lasciar da quel forte inforcare i suoi arcioni, e finiva col protestare che
Vate non vile.... mi reggea la penna |