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Cicerone | 79 |
buno Rullo Servino pensò almeno un palliativo, proponendo leggi agrarie modellate sulle precedenti (anno 63). Decemviri doveano vendere i possessi pubblici in Italia e fuori d’Italia quelli conquistati dopo il primo consolato di Silla; le gabelle di essi mettevansi all’incanto per ottenere subito un capitale, con cui si comprerebbero campi in Italia, da piantarvi colonie e ripristinare le proprietà minute. Come un compenso, egli dichiarava legittime le vendite di possessi pubblici fatte dopo l’82 cioè le Sillane, ed anche le usurpazioni.
Sbigottirono i ricchi al pensare che le proprietà loro dovessero passare alla rassegna del rappresentante del popolo; sbigottirono di questo smisurato potere affidato ai Dieci, che col sovvertimento delle fortune avrebbero potuto anche mutar lo Stato. Pertanto a Cicerone, che, mercè de’ cavalieri, era divenuto console, e attorno al quale si aggruppavano i ricchi, affidarono l’incarico di dissuadere la legge. Ed egli, benchè nell’accettare la suprema magistratura avesse professato voler essere console popolare, adoprò quella sua eloquenza tutta di passione a combattere Rullo; con arte da retore mettendo in giuoco tutti i sotterfugi e pregiudizj, confuse le proposizioni, riducendole continuamente a questioni di persone; lusingò, il vulgo col chiamare i Gracchi chiarissimi, ingegnosissimi, amantissimi della romana plebe, che coi consigli, la sapienza, le leggi assodarono tante parti della repubblica; blandì la boria nazionale col magnificare la repubblica, ma soggiungeva: — Quando mai s’era veduta questa comprar a denaro lo spazio ove stabilire colonie? Sarebbe degno di sì gran madre il trapiantare i suoi figli sopra terre acquistate altrimenti che colla legittimità della spada? distribuire le terre, state teatro di gloriose vittorie? e i campi, da cui proveniva il grano da dispensare al sacro popolo?1 Popolare
- ↑ — Vi fanno vendere i campi di Attalo e degli Olimpeni, aggiunti al popolo romano dalle vittorie di Servilio, fortissimo uomo; poi i regj campi di Macedonia, acquistati dal valore di Flaminio e di Paolo Emilio; poi la ricca e ubertosissima campagna corintia, unita alle rendite del popolo romano dalla fortuna di Lucio Mommio; quindi i terreni della Spagna, posseduti per l’esimia virtù dei due Scipioni; poi la stessa Cartagine vecchia, che spogliata di tetti e di mura, o per notare la sciagura de’ Cartaginesi, o per testimonio della nostra vittoria, o per qualche religioso motivo, fu da Scipione Africano ad eterna memoria degli uomini consacrata. Vendute queste insegne, ornata delle quali i padri vi trasmisero la