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66 illustri italiani

scoperta eccitò tanta aspettazione, vanta bensì di dar cose attinte dalla propria esperienza e dalle tradizioni degli avi, e superiori buon tratto a quanto dissero i Greci1: pure non sa far di meglio che tradurre il sesto libro delle storie di Polibio, ove è divisata la costituzione romana; anzichè risalire alle fonti del diritto, accetta il fatto, dando per modello la romana repubblica, blandendola più che non paresse dover consentirglielo i mali di cui era testimonio, e dei quali non ravvisava la ragione nè i rimedj. Fra le costituzioni pospone la democratica, perchè alle persone illustri non dà altro che un grado più elevato di dignità; e preferisce la monarchica, che la turba delle passioni allivella sotto una ragione unica; ma conchiude per un misto delle tre forme2. Siffatta gli è d’avviso che sia la repubblica romana, coll’elemento monarchico ne’ consoli, l’aristocratico nel senato, il democratico ne’ tribuni e nelle adunanze. Ma il potere del popolo vorrebb’egli restringere, e dà consigli sul modo di riconoscergli una libertà apparente, attenuandone in effetto il potere.

Amantissimo della gloria di Roma, e anche della propria, se era molto acconcio a trattare locali interessi, non comprendeva però le quistioni vitali dello Stato, che erano l’assimilare le provincie e l’accomunare le franchigie cittadine: e uom di temperamenti, dell’opportunità, del bene possibile, irresoluto perchè il suo buon senso gli mostra tutte le difficoltà e lo rattiene dagli eccessi, fra i pochi che conducono al despostismo e la folla che trae all’anarchia tende a frapporre una classe media, credendola unica salvaguardia all’integrità della costituzione, e a togliere pretesto alle lotte fra patrizj e plebei, fra provinciali e romani, fra i vincitori e i vinti della guerra civile. Quest’interesse per la classe di cui erasi costituito patrono, è il lato più costante e meglio appariscente del suo carattere; a quel divisamento politico mai non avendo fallito neppur quando sbagliò di mezzi; nè, come il suo Pompeo, se ne lasciò sviare dalla speranza illegittima di ergersi superiore alle leggi che applicava e difendeva.

  1. 1, 22, 23.
  2. «Quartum quoddam genus reipublicæ maxime probandum esse sentio, quod est ex his quæ primo dixi moderatum et permixtum tribus. . . Placet esse quiddam in republica præstans et regale; esse aliud auctoritati principum partum ac tributum; esse quasdam res servatas judicio voluntatique mullitudinis». Ecco l’idea dei tre poteri, però già accennata dal pitagorico Ippodamo, poi attuata dai popoli moderni.