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dante 59

versale: il poema dell’Alighieri non era cosa del popolo1, ma appena morto si posero cattedre per ispiegarlo; ispiegarlo in chiesa, come voce che predica la dottrina, scuote gl’intelletti, eccita i buoni coll’emulazione, i rei svergogna, ed insinua le idee d’ordine, tanto allora necessarie. Il Petrarca sapeva che il Po, il Tevere, l’Arno bramavano da lui sospiri generosi, ma continua ad esalarne di gracili; e poichè il fondo della vera bellezza, come della virtù vera e del genio, è la forza, e senza di questa la grazia presto avvizzisce, e l’andar sentimentale inciampa facilmente in difetti di gusto, potè, perfino nella sua castigatezza, dare occasione ai traviamenti de’ Secentisti2. Egli ebbe a torme imitatori che palliarono l’imbecillità dell’idee e il gelo del sentimento sotto alla compassata forma del sonetto, e che, mentre la patria cercava conforti o almeno compianti, empirono gli orecchi con isdulcinate querele in vita e in morte3. Lo studiar Dante richiese gravi studj, di filologia per paragonare e ponderare frasi e parole; di storia per trovare le precedenze de’ fatti, di cui egli non porge che le catastrofi; di teologia per conoscere il suo sistema e raffrontarlo coi santi padri, coi mistici, cogli scolastici; di filosofia per librarne le argomentazioni, la precisione

    spiega con un «Se non m’inganno» (Epistolario, vol. III, 46). Fin ad ora si disputò sul senso del verso.

                        Mille piacer non vagliono un tormento

    e dell’altro

                        Che alzando il dito colla morte scherza,

  1. Gli aneddoti che si raccontano in contrario, e l’asserzione succitata del Petrarca, parmi non si possano riferire che a’ versi amorosi, od altri men conosciuti, che son di forma affatto moderna e di concetto semplice. Vedi la nota 61.
  2. Tali sarebbero i frequenti giocherelli sul nome di Laura; tale la gloriosa colonna a cui s’appoggia nostra speranza, e il vento angoscioso de’ sospiri, e il fuoco de’ martìri, e le chiavi amorose, e il lauro a cui coltivare adopera «vomer di penna con sospir di fuoco»; e la nebbia di sdegni che «rallenta le già stanche sarte della nave sua, fatte d’error con ignoranza attorto»; e i ravvicinamenti fra cose disparate, come fra sè e l’aquila, la cui «vista incontro al Sol pur si difende»; e il dolore che lo fa «d’uom vivo un verde lauro». Nel che talvolta non ha pur rispetto alle cose sacre; come là dove loda il borgo in cui la bella donna nacque, paragonando con Cristo che «sceso in terra a illuminar le carte, fa di sè grazia a Giudea»; e il «vecchierel canuto e bianco, che viene a Roma per rimirar la sembianza di colui che ancor lassù nel ciel vedere spera», confronta a sè «che cerca la forma vera di Laura».
  3. Alessandro Velutello nel 1525 fu il primo che distribuì il Petrarca in rime avanti la morte, dopo la morte di madonna Laura, e rime varie.