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vittoria colonna | 625 |
bisognerà ch’io lasci qui la cappella di Santa Caterina senza trovarmi alle ore ordinate in compagnia di queste sorelle, e che voi lasciate la cappella di San Paolo senza trovarvi dalla mattina innanzi giorno a star tutto il dì nel dolce colloquio delle vostre dipinture, quali con i loro naturali accenti non manco vi parlano che facciano a me le proprie persone vive che ho d’intorno; sicchè io alle spose, voi al vicario di Cristo mancheremmo. Però, sapendo la vostra stabile amicizia e legata in cristiano nodo sicurissima affezione, non mi pare procurar con le mie il testimonio delle vostre lettere, ma aspettar con preparato animo sostanziosa occasione di servirvi, pregando quel Signor dal quale con tanto ardente ed umil cuore mi parlaste al mio partir da Roma che io vi trovi al mio ritorno con l’immagin sua sì rinnovata e per vera fede viva nell’anima vostra, come ben l’avete dipinta nella mia Samaritana».
Queste frasi sono ben d’altro che da eretica ad eretico; e il grande artista dovette temperar la senile sua vampa al tepore della devota.
Riuscirono vani i tentativi de’ benevoli e degli ammiratori per distogliere la Vittoria dalla devota solitudine: per alcun tempo rassegnossi a tornare nel fragore di Roma, ben presto riavutasi dal suo disastro; ma nel 1541 si chiuse affatto nel convento di Santa Caterina di Viterbo; tornò nelle Benedettine di sant’Anna dei Funari a Roma, e aggravatisi i suoi mali, fe trasportarsi in casa di Giuliano Cesarini, marito di Giulia Colonna, e colà in religiosa costanza spirava il febbrajo del 47, avendo 57 anni. Sebbene ella avesse voluto modestissima tomba fra le monache di sant’Anna, poeti e prosatori la piansero a gara, e non v’è quasi scrittore contemporaneo, dal Giovio all’Ariosto, dal Cariteo al Contarini, che non la lodasse o non le dirigesse o dedicasse prose o versi, ammirandola qual tipo della virtù femminile esercitata, per verità, non nei tranquilli doveri della famiglia o nel combattere gli istinti e le passioni, ma nelle pratiche ascetiche, nella dolce e colta conversazione, nel conservarsi nobilmente casta fra le tentazioni di un secolo corrottissimo, credente fra tanto pullulare di dubbj, corretta ed elevata fra le smancerie petrarchesche; tipo di poetessa, di gentildonna, d’amica.
Allorchè essa moriva, Michelangelo, quasi risorgesse dalla vicina tomba, metteva mano alla fabbrica della cupola di San Pietro, e la costei morte lo lasciò per molto tempo sbigottito e quasi insensato. Così scrive il Condivi, il quale soggiunge «che mi ricorda d’averlo
Cantù — Illustri italiani, vol. I. | 40 |