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616 | illustri italiani |
verchia concentrazione, sia pure ne’ sentimenti più autorizzati. Molto ella ammirava il cardinal Contarini, e quando morì a Bologna il 24 agosto 1542, compiangeva perchè
Potean le grazie e le virtù profonde
Dell’alma bella, di vil cose schiva
Ch’or prese il volo a più sicura riva
Vincendo queste irate e torbid’onde,
Rendere al Tebro ogni sua gloria antica;
E all’alma patria di trionfi ornata
Recar quel tanto sospirato giorno
Che, pareggiando il merto alla fatica,
Facesse quest’età nostra beata
Del gran manto di Pier coperta intorno.
Nella qual occasione a suor Serafina Contarini dirigeva condoglianze, ricordandosi «delle sue pie e dolci lettere, quando convitava quello amatissimo fratello a desiderar di ritrovarsi con lei alla vera patria celeste, e della domanda che gli fe di esponer certi salmi, che dinotava aver la morte, passione e resurrezione di Cristo sempre impressa nel cuore». Ed enumera i meriti del defunto, e «l’ottimo e divino esempio che dava a ciascuno, e la molto importante utilità alla Chiesa, alla pace e al quieto viver nostro. Ma dovemo esser sicuri che l’infallibil ordine del re, signore e capo di tutti noi, sa il migliore e più atto tempo di tirare a sè le membra sue. Rimane solo la perdita della sua dolcissima conversazione, e il profitto di santissimi documenti suoi.... Or altra spiritual servitù non mi resta che questa dell’illustrissimo e reverendissimo monsignor d’Inghilterra (Polo), suo unico, intimo e verissimo amico e più che fratello e figlio: qual sente tanto questa perdita, che ’l suo pio e forte animo, in tante varie oppressioni invittissimo, par l’abbia lasciata correre a dolersi più che in altro caso che gli sia occorso giammai».
Ma il suo affetto principale restava sempre pel cardinale Polo: e quand’esso partì pel Concilio di Trento, minacciato sempre dagli assassini, essa il raccomandò caldissimamente al cardinale Morone, e nel processo fatto poi a questo trovammo varie lettere, per verità oscure e dubbie1. Eccone una da Viterbo il 30 novembre:
- ↑ Su quelle lettere fu molto escusso il cardinal Morone, e rispondendo sul conto della marchesa, disse: — Io la conobbi in Napoli, e, quando fui fatto vescovo, mi