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principalmente con Luigi Priuli, che poi gli stette sempre compagno. Al giubileo del 25 visitò Roma; tornato poi in Inghilterra, osò disapprovare Enrico VIII quando ripudiò la moglie per isposare Anna Bolena. Onde sottrarsi all’ira di questo fuggì a Padova, dove pubblicò la Difesa dell’unità ecclesiastica, rimproverando quel re dello scisma che introduceva. Paolo III chiamollo a Roma e lo ornò cardinale (1536); di che viepiù s’indispettì Enrico VIII; col pretesto di congiure, mandò al supplizio varj parenti di esso e fin la madre, mentre gli altri parenti si salvarono colla fuga: bandì cinquantamila scudi a chi uccidesse il cardinale, e in fatti lo tentarono due inglesi e tre italiani, fra i quali un bolognese confessò d’essersi trattenuto lunga stagione a Trento con tale proposito. Quando Francesco I, a insinuazione di Enrico VIII, lo rinviò dal suo regno dov’era legato pontifizio, il papa lo collocò legato a Viterbo. Dal cardinale Cortese era stato invaghito dagli studj biblici, e teneva conferenze con dotti ecclesiastici e laici, può considerarsi rappresentante dello introdottosi spirito di pietà, che ai Riformati dovea parere una protesta contro la rilassatezza di cui imputavano i Cattolici. Al Contarini da Carpentras scrive della cara compagnia del Priuli e d’altri: — Noi per nostra consolazione mutua avemo cominciato a conferire insieme li salmi di quel grande profeta e re, il quale Dio aveva eletto secundum cor suum, e oggidì eramo arrivati a quel salmo che comincia, Salvum me fac, Domine, quoniam defecit sanctus».
E in altra del 9 dicembre 1541 da Viterbo:
— Il resto del giorno passo con questa santa ed utile compagnia del signor Carnesecchi e monsignor Antonio Flaminio nostro. Utile io la chiamo perchè la sera monsignor Flaminio dà pasto a me e alla miglior parte della famiglia de illo cibo qui non perit; in tal maniera che io non so quando abbia sentito maggior consolazione nè maggiore edificazione; tanto che, a compimento di questo mio comodissimo stato, non manca altro che la presenza di vostra signoria reverendissima».
Frasi simili ripete in lettera del 23 dicembre; e in altra del 1 maggio 1542: — Quanto al loco di san Bernardo, notato da vostra signoria reverendissima, dove parla così esplicitamente della giustizia di Cristo, l’avemo trovato e letto insieme con questi nostri amici con grandissima soddisfazione di tutti: e considerando da poi la dottrina di questo santo uomo dove era fondata, e la vita insieme,