Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/624

600 illustri italiani

capitano, teneva appeso all’arcione un laccio d’oro e uno d’argento, proponendosi di strozzare con quello l’ultimo dei pontefici, coll’altro i cardinali.

Cosiffatti assalirono Roma (1527), ed essendosi ammalato il Freundsberg e ucciso nell’assalto il Borbone, inviperiti e sfrenati vi entrarono, ciascuno non pensando che a sfogare i brutali istinti dell’avarizia, della libidine, della rabbia. La capitale del mondo cristiano, la sede delle belle arti, l’asilo e la palestra d’ogni letterato e artista, la seconda patria d’ogni cristiano, andava preda a ladroni e miscredenti: la vita d’ogni illustre di quel tempo ha una pagina dove si raccontano nuovi orrori di questo sacco, uno di quei regj misfatti che lasciano impronta indelebile nella storia; e dove la Germania si vendicava della superiorità intellettuale e morale dell’Italia; la barbarie superba mettendosi sotto ai piedi questa civiltà che la mortificava.

Di quel disastro, ove, si calcolò che Roma perdesse per dieci milioni di zecchini, soffrì la Vittoria1, e ricoverò a Marino, pregando, scrivendo e offrendo malleverie e riscatti pei tanti miseri. Poi quando Paolo III ruppe guerra ai Colonna, ella passò nel monastero di San Paolo d’Orvieto, indi nel 1542 in quello di Santa Caterina a Viterbo:

  1.                Se l’imperio terren con mano armata
                        Batte la mia Colonna entro e d’intorno,
                        La notte in foco e in chiara nube il giorno
                        Veggio quella celeste alta e beata.
                   Sua mercè, colla mente: onde portata
                         Sono in parte talor, che, se in me torno,
                         Dal naturale amor che fa soggiorno
                         Dentr’al mio cor, ben spesso richiamata,
                   Mi par per lungo spazio e queto e puro
                         Quanto discerno e quanto sento caro....

    E quando le truppe del pontefice, reduci d’aver sottoposta la ribelle Perugia, davano il guasto alle terre de’ Colonnesi, ella al papa dirigea varj sonetti, fra cui questo:

                   Veggio rilucer sol di armate squadre
                        I miei sì larghi campi, ed odo il canto
                        Rivolto in grido, e ’l dolce riso in pianto
                        Là ’ve prima toccai l’antica madre.
                   Deh mostrate con l’opre alte e leggiadre
                        Le voglie umili, o pastor saggio e santo!
                        Vestite il sacro glorioso manto
                        Come buon successor del primo padre.