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592 | illustri italiani |
diminuivano l’aria di bontà. Fin dall’aprile 1812 era stato tocco d’apoplessia, di che gli rimase sempre difficile il portar la persona. Più aggravavasi invecchiando, ma la mente conservava serena, e solo in sul finire temeva come la peggior disgrazia il sopravvivere senza poter pensare o lavorare. Dio gli risparmiò questo avvilimento, e presente a sè, e confidente in ciò che avea fatto di bene e scritto
«La immunità religiosa del sacerdozio è immedesimata con quella dei fedeli. Dunque per primo ed essenziale fondamento si deve porre l'immunità e spontaneità di credenza nei particolari, onde poi stabilire l'immunità direttiva nei sacerdoti. E siccome i mezzi autorizzati dal ministero religioso non possono nè debbono essere che morali e mai violenti, così il sacerdozio legittimo non si può trovare mai in lotta giuridica nè co’ credenti, nè co’ governi.
«Poste questo premesse, parmi anzi doversi ringraziare la Provvidenza divina per avere attribuito al Sacerdozio una potenza irresistibile e conforme alla dignità dell’uomo! io voglio dire il potere d’una spontanea credenza e di una opinione vittoriosa. Il credere non liberamente è un controsenso.
«La cosa cangia d’aspetto sotto di un dato rapporto parlando dei sacerdoti, allorchè dessi si pongono allo stipendio dei governi, ed assumono il carattere di funzionarj politici. Allora il sacerdozio diviene una funzione pubblica, e i membri di lui contraggono la qualità d’impiegati dello Stato. Allora essi debbono essere preparati e sorvegliati concordemente allo spirito ed alla unità del governo, onde servire alla cosa pubblica.
«Or qui noi sortiamo dalla sfera delle dottrine religiose, e però non si tratta più di materia censurabile coi principj puramente religiosi ed evangelici, ma la quistione diviene unicamente di diritto politico naturale. Dall’altra parte io non posso credere che il Reverendo Relatore voglia ammettere la solita accusa data al sacerdozio cattolico, di volere introdurre lo scisma politico, e di erigere una sovranità mondana, rivale di quella dei Governi. Questa accusa sarebbe, pur troppo, fondata tutte le volte che, assumendo il sacerdozio come ministero pubblico, si volesse sottrarlo alla suprema ispezione dello Stato.
«Ora nel mio libro che cosa si trova? Che, parlando della libertà di coscienza, io ne ho sempre trattato in linea di diritto naturale e pubblico, e nei rapporti fra il cittadino ed il governo, e però che in sostanza io ho sostenuto la libertà religiosa della Chiesa rispetto ai governi. Venendo poi ai sacerdoti, io ne ho parlato nel solo caso nel quale il sacerdozio assume le funzioni di ministero politico, e non quando è puramente religioso, come, per esempio, egli era nei primordj della Chiesa cristiana. La lettura dei §§ 1168, 1174, 1180, è positiva, lucida e senza equivoco. Nel detto § 1180, specialmente leggonsi le seguenti parole: «Se infatti il ministero loro venga considerato e trattato come una pubblica funzione, come potrebbe mai un Governo illuminato e provvido tralasciare di prepararne gli agenti?» Si noti poi, che io non dissi che il Governo debba prepararli piuttosto in modo mediato che immediato, vale a dire coll’intervento concordato della superiorità ecclesiastica, o senza di tale intervento».