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giandomenico romagnosi 589


Aveva alcuni amici a prova di bomba, com’egli s’esprimeva, che il nominarli eragli una dolcezza ed ebbe e settarj e persecutori, due genìe fatte per rendere famosi.

Quel suo faticare senile ci convinceva che il tempo è elastico, e più se ne fa, più può farsene; e noi, scrivendo, dovevamo sempre domandarci, — Che ne dirà il vecchio?» Che se v’era tra noi chi non sapeva se non ammirare ed incensarlo, altri discuteva con lui stesso le sue dottrine, e non temeva offenderlo col presentargli le objezioni; ed egli chiariva le proprie tesi, compativa, discorreva, giudicava, confutava, applaudiva; ci confortava contro que’ fischi, da cui, come la locomotiva, comincia ogni ardito movimento. Così un tempo i paladini invecchiati sedevano ne’ tornei, guardando con tenerezza e stima la gioventù, le cui prodezze pareano rinnovellar le loro, e consolavansi rinascesse nella nuova generazione il valore della passata.

Cercava anche avvezzarci a scoprire il vero e il durevole sotto la parola fugace e a bella posta menzognera de’ giornali; a veder come il fatto medesimo sia nei diversi diversamente esposto, e lodato o biasimato, e dedotte illazioni identiche da opposti principj, od opposte da principj identici. È grand’utile l’estendere l’arte di leggere bene nella odierna complicazione di interessi; perocchè questa conduce a capire che l’utile e il giusto son una cosa sola.

Ed è bello il ricordare come egli, per regj decreti escluso dalle cattedre, lasciasse una scuola, che sarebbe riuscita utile al sospirato riordinamento italiano, se uno strano avvicendarsi fra i calcoli di Turquaret e gli entusiasmi di Don Chisciotte, e lotte brutali, e l’animalesca nimicizia delle forze bastarde contro la legittima dei pensanti, e la mutua intolleranza, non l’avessero in parte soffogata, in parte sviata tra i partiti, tutta sparpagliata in conati impotenti perchè isolati; mentre pure conservò qualcosa di comune; lo schermirsi dagli intrighi de’ petizionanti come dalle seduzioni de’ fortunati; il venerare i principj, malgrado la vulgare idolatria per la riuscita; quella franchezza applicata alla letteratura come alla politica, per cui si riconosce il bene anche negli avversarj, si disapprova il male anche negli amici; quel largo liberalismo che consiste nel rettificare le idee, invigorire i caratteri, sanare le abitudini, onde trovarsi padroni di sè quando non s’abbia più padroni.

Se, com’è detto in sant’Agostino, vero cristiano è quegli che usa