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giandomenico romagnosi | 579 |
ed assegnabile scopo della scienza e dell’arte sociale poteano dirsi assunti ma non provati; la civile convivenza davasi per facoltativa; l’agricoltura non era elevata a rigoroso dover naturale: non dimostrata la legge dell’opportunità nell’umana perfettibilità; non tradotto esso principio della necessaria conservazione nel principio della socialità, nè questo in quello della civile potenza dello Stato. Lo fece il Romagnosi accostando alla pratica dell’arte sociale le astrazioni del diritto; cercò le leggi della perfettibilità nella società qual ella è effettivamente, affine di ottener la progressione del giusto; e poichè senza la storia razionale dello sviluppo dello spirito, del cuore e dello stato politico è impossibile sodare un sistema di morale, di legislazione, di governo conforme alla ragione, acconcio alla pratica, giovevole alla potenza ed alla prosperità, perciò estesissime relazioni di secoli e di paesi richiamò a pochi principj di fatto o di ragione.
Anche il corso delle nazioni era stato considerato da altri, e massimamente dal Vico; ma questi seguitava colla giurisprudenza l’andar delle sociali necessità soltanto come astruso contemplatore della storia. Altri studiosi ultrametafisici presero la dottrina dell’umanità non come fondo, ma come guida definitiva, creando la storia positiva a lor talento, e vagando in un aereo indeterminato. Il Romagnosi mirò a ridurre le speculazioni in leggi necessarie ed in precetti di scienza: onde non s’arrestò, come il Vico, allo splendore de’ secoli più acclamati, ma, conforme al movimento impresso agl’intelletti dalle rivoluzioni del secol nostro, cercò la trasmissione ed il risorgimento attraverso i tempi più foschi, ed offerse non il tipo storico ideale delle civiltà come il gran Napoletano, ma il normale effettivo, predicando col fatto come colle parole che il valore della sapienza voluta dalla natura, consiste nell’opera proficua. Quindi, dopo avere con un sistema concatenato posata la ragione de’ progressi dell’umanità, insegnò ad agevolarli traducendo la scienza che conosce in arte che effettua, e nè superstizioso adoratore degli antichi, che scrissero poco e favoleggiarono molto, nè ligio a’ moderni, che scrivono molto e ragionano poco, non solo continuò la scuola della filosofia civile, costantemente mantenuta in Italia traverso a disastri d’ogni maniera, ma la ristaurò col nuovo metodo di associar la morale, la politica, l’economia, la giurisprudenza, la psicologia, per cercare natural fondamento ai diritti umani ed alle loro garanzie.
Che se misura della robustezza d’un ingegno è la costanza ne’