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giandomenico romagnosi | 577 |
effettuarsi dall’industria umana, a norma di positive e reali necessità. La religione, l’agricoltura, la socialità non apparvero agli occhi suoi come fenomeni della specie umana, ma siccome fattori dell’incivilimento.
Così studiando la dottrina dell’umanità sperimentalmente al modo che soglionsi le altre parti dello scibile umano, ne ravvisava l’economia divina in armonia col sistema fisico dell’universo. L’unità centrale e la continuità e connessione d’effetti e di cause, ond’è regolato l’andamento vario e progressivo di questo, devono essere la norma degli atti umani per divenire utili; giacchè a questa legge suprema sono sottoposte egualmente le opere dell’ingegno e della mano, le fisiche e le morali, le esteriori e le interne, quelle de’ singoli uomini e delle popolazioni.
Questo non era metodo che potesse guidarlo a capitali scoperte: nè egli pretese essere collocato fra i genj creatori, o fondatore della filosofia civile. Quante volte si applicava il Non veni legem solvere sed adimplere! quante volte dichiarò che le opere sue non erano se non una direzione degli studj d’apparecchio!
Contendendogli la gloria di inventore, nessuno esiterà a confessare che, a qualunque parte degli studj accostossi, vi portò incremento, e v’introdusse l’ordine, che era il carattere della sua mente.
Montesquieu, e più regolatamente Bonnet, aveano già insegnato come alla necessità di dirigere i mezzi al fine dovessero darsi per appoggio le relazioni reali della cosa: già altri aveano trovato la genesi morale della pena nel diritto della difesa diretta o indiretta, e posto per misura di essa la necessità di contrappesare il vigore e la qualità dell’impulso criminoso. Poi svegliandosi, nella seconda metà del secolo passato, la pubblica ragione, declamazioni di oratori, argomentar di filosofi, ordini di sovrani, eccitamenti d’accademie, sopratutto i lavori delle assemblee di Francia aveano diffuso grandi lumi sul diritto penale, talchè il Romagnosi trovossi spianata innanzi la strada. Pure sommo merito è il suo d’aver afferrata tanta estensione di cognizioni, osservatele da sublime punto, vagliate con critica severa, ridotte infine ad una compatta unità.
Se la psicologia non fece progredire, la filosofia di Condillac fondendo con quella di Locke e di Bonnet e con qualche principio di Hume; se la sua dimostrazione dell’esistenza dei corpi non è nè nuova nè concludente; se soverchiamente complicate appajono le
Cantù — Illustri italiani, vol. I. | 37 |