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giandomenico romagnosi 571

plausi, non può scegliervi altri mezzi che quelli pubblicamente utili; talchè, essendo annestati la libertà, l’opinion pubblica, l’amore della gloria, formano il vero potere predominante.

L’istruzione pubblica egli restringerebbe alla sfera del servigio pubblico, al quale vuolsi preparar gli uomini nella repubblica. «L’ispezione della autorità, se dovrà esser tale da assicurarsi del buon esito dell’insegnamento, non dovrà esser tale da comprimerlo col governar troppo». E propone scuole «fondate e dirette dal Governo, ma senza ledere mai la libertà nè delle private società, nè delle famiglie», alle quali vuol si lasci lo scegliere quel maestro che più aggrada (pag. 354).

Nell’istruzione primaria l’ispezione sia affatto indiretta; «quando la legge abbia vietato gli usi indecenti e violenti, prevenuto le maniere che sconvengono al coraggioso e nobil vivere repubblicano, io credo nel resto debba riposare sull’industria dell’istitutore (pag. 353). Divider le classi per tutto il mondo, compassare l’istruzione co’ calendarj, vessare con discipline, del pari incomode a’ pubblici funzionarj ed agli allievi, come pur troppo si è praticato e si pratica, è pedagogia per l’oscurantismo e per la schiavitù» (pag. 354).

Nel divisare gli studj superiori, l’istruzione dottrinale, egli professavasi «preso dal più profondo sdegno e dolore pel loro stato odierno» e pel gran bisogno d’una pronta riforma di studj, e di una mano gagliarda per eseguirla.

Sono cinquant’anni che s’inculca questa urgenza: e la generazione educata al modo ch’egli deplorava è questa odierna, che sa tutto, ha letto tutto, sentenzia di tutto, sicura della propria infallibilità.

L’opera del Romagnosi è lunghissima, eppure non versa che sulla parte più eminente della costituzione, sul supremo ordinamento dei poteri dello Stato, ed egli stesso prevede che niuno ne rimarrà soddisfatto. Evidentemente aveva sott’occhio il libro di Beniamino Constant, che per alcun tempo fu il manuale del liberalismo negativo: che se il nostro non dimentica il diritto storico, dappertutto trapela come gli mancasse la pratica de’ Governi rappresentativi, allora affatto insoliti all’Europa latina: all’Inghilterra avemmo sempre la colpa di poco badare. Meglio conosceva egli l’assolutezza regolamentare dell’Impero, e in conseguenza troppo si fida ai decreti; mediante questi, pensa ottenere che nelle elezioni abbia sicura preferenza il merito; erige perfino un Istituto per assicurare il lavoro agli