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558 | illustri italiani |
ostacoli fisici e morali dell’agricoltura, togliendo la gente al vivere errante, ai connubj vaghi, statuendo il tuo e il mio, la ragione dei confini, le strade, le eredità, avviando al miglior vivere col fissare le tribù, col fare che sopra spazio minore vivano più uomini; mantenendoveli sotto stabile protezione ed educazione, rammollendo la ferocia, assicurando le proprietà; alimentando la potenza per mezzo degli uffizj dei possessi.
Succede l’età de’ maggiorenti, in cui, per via di conquiste, formansi le Caste, distinti gl’imperanti dagli obbedienti, scompartiti i lavori. Sorgono poi le città, quali erano agli ultimi tempi della repubblica romana e nei municipj della risorta Italia; infine le nazioni, come nella cittadinanza romana estesa a tutta Italia, con un capo ed un senato comune a tutto l’impero, e come si vede negli Stati moderni.
Ma per evitare le scosse troppo violente dell’egoismo è necessario un poter superiore che equilibri e diriga le forze, un Governo, inteso a render libera ed universale la concorrenza, ovviare i soprusi, comprimere la prepotenza turbolenta, senza impacciare la natural vitalità degli Stati, originata dall’individuale interesse. La prima forma di governo fu l’assoluta autorità dei tesmofori, avvalorata dalla religione ed esercitata con un’educazione quasi personale; poi sotto ai maggiorenti, i conquistatori comandano a lor talento; ordinate le città, nascono successivamente la protocrazia, l’aristocrazia e la policrazia.
Protocrazia è il principato de’ grandi e de’ padri-famiglia con un primate, in somma il governo patriarcale, ove molti capi di tribù confederati prestano al consorzio nulla più che gli uffizj necessarj alla difesa comune e ad una comune impresa1; carattere della civiltà incipiente e primo legame dell’individuo colla socialità, ove presto fa sentirsi il bisogno di un capo, eletto fra i padri-famiglia.
Questo capo vien presto a noja all’unione de’ padri, che lo rovesciano, e fondano il governo de’ primani, l’aristocrazia2. In essa, non che migliorar sua sorte, il popolo scapita, perdendo l’utile preponderanza d’un capo, che favoriva i più per servirsene di appoggio.