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generali, spesso tenebrosi, sempre diffìcili. Il migliorare i metodi imperfetti, ciechi, stravolti, è vanità; doversi piuttosto farne una restaurazione, presentando un corso compiuto di quella matematica primitiva, che esige solo la cognizione di pochissime proposizioni geometriche e le quattro operazioni d’aritmetica per condurre alla scoperta del vero algoritmo universale, per cui eseguire le tre specie di calcolo della composizione, della differenza, della congruenza.

Di ciò non espose egli che i principj, e sulla verità e l’opportunità di essi invocava il giudizio de’ pratici, prima di mostrar le conseguenze che ne derivano. Questo giudizio non fu proferito, nè, per quanto sappiamo, alcuno entrò a discutere di questo libro. A noi riuscì oscuro e complicato: combatte a lungo sentenze già vinte da altri: e s’affanna contro l’inesattezza de’ matematici leibniziani, mentre in Italia da gran pezza furono abbracciate le teoriche del Lagrange.

Anche ne’ particolari alcune cose non pajono indicare in Romagnosi un preciso calcolatore1. È però mirabile come tant’alto sia egli poggiato, quasi direi per forza propria, non conoscendo il calcolo differenziale. Il suo caro amico Giuseppe Merlo, con cui risolveva ardui problemi, confessava non intendere le dimostrazioni di lui2; tantomeno noi, per quanto abbiamo durato fatica a seguitarlo, le sere intere, ne’ calcoli: colle proporzioni fra l’ipotenusa e i cateti intendeva spiegare il sistema delle forme architettoniche e de’ simboli, che nelle basiliche e nelle chiese medioevali veniva tradizionalmente osservato da quelle società de’ Franchimuratori, alle quali è dovuta la diffusione dello stile gotico e la rinnovazione dell’architettura. E colla simbolica rendeva ragione di molte figure delle sacre carte e di immagini dei poemi omerici, quali sareb-

  1. Nel libro citato io pretesi con pochissime linee sciogliere problemi, a cui egli consuma lunghe pagine.
  2. L’ingegnere Giuseppe Merlo, morto in Milano il 28 aprile 1829, fu valente matematico e idraulico. Oltre un lavoro giovanile stampato sull’Uso della tavola parabolica per le bocche d’irrigazione del De Regi, ne lasciò uno importantissimo sulle curve, in cui, mediante un solido immaginato da lui, e chiamato disfeno, non solo tutte le coniche, le quali sembrano fra loro isolate, vengono fuse in un tutto connesso e continuo, ma sono pure dimostrate molte altre curve di rilevante uso pratico. Alla Condotta delle acque aggiunse una memoria per risolvere questioni sull’uso delle acque, specialmente nelle irrigazioni dei fondi regolate sugli orarj.