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giandomenico romagnosi | 549 |
concreti delle nazioni e la storia filosofica della loro civiltà, espone con ordine di ragione i modi di essere e le condizioni che interessano alle cose e agli uomini presso un dato popolo, fissato su di un territorio, e stretto in civile convivenza.
Nè l’economia politica fu più riguardata siccome studio della nuda e indefinita produzione, riproduzione, distribuzione e consumazione delle ricchezze; ma come l’ordine sociale di queste, chiamata a cooperare al vantaggio comune col procurare il possesso delle cose godevoli in quantità proporzionata ai bisogni della vita, e diffondendole per quanto si può equabilmente e facilmente sul maggior numero di cittadini. Imperocchè esiste un ordine necessario di ragione economica, siccome uno di pubblica e di privata morale, talchè questa scienza ha fondamenti tanto certi, piani, irrefragabili quanto l’ordine fisico: nè può rimettersi alla disputa umana e alla libera provvidenza degli ordinatori ciò che è dell’interesse più urgente nell’umana convivenza. Tale dottrina quindi, tutta di ordine complesso, attivo, vitale, assuma le funzioni economiche ne’ loro motori e ne’ risultamenti complessi, se non vuole rimanersi contenta di frantumi staccati, o perderci in uno scolastico illusorio; e s’occupi assai più d’indicar il male che d’insegnare il bene, giacchè natura non si vince che secondandola.
In conseguenza stette coi fautori della libera concorrenza; screditò la mercantile bilancia del commercio; indagò le cause del pauperismo inglese, con cui l’inesorabil natura punisce la giustizia sociale violata co’ privilegi de’ possessori, col monopolio dei manufattori, colla tirannia delle colonie; redarguì l’inutile ingerenza de’ Governi e i trattati di commercio; gli scrittori che predicavano come nociva la suddivisione delle proprietà; denunziò come un reato il Sansimonismo, in quanto riguarda i testamenti e i possessi; chiamò a severo esame le dottrine di Malthus, di Say, di Moreau de Jonnès; discusse le varie leggi finanziarie della Francia e la convenienza delle colonie; applicò le sue tesi al traffico ed alla libera estrazione delle sete italiane, al taglio de’ boschi, al Tavoliere di Puglia.
Mentre certi economisti stranieri non riguardarono l’uomo (uso un modo del Romagnosi) se non come ventre, poi v’aggiunsero le braccia, più tardi vi soprapposero la testa; cioè dapprima considerarono come unici produttori delle ricchezze gli agricoli, poi si piegarono verso i manifattori, tardi soltanto associarono i pensanti e gl’inventori,