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giandomenico romagnosi 547

egli dichiarò non vorrebbe comunicare se non per mezzo di un solo, e prescelse l’autore della presente biografia, che perciò, messo a parte sol di quanto occorreva, servì di intermedio, non per l’opera della sovversione, ma per quella dell’organamento. Alcuno degli eroi dell’azione, anche quella volta parlò in processo, ed io scrittore fui trattato come nel 21 il Romagnosi: ma quando uscii dalla lunga prigionia, ebbi la consolazione che il vecchio abbracciandomi mi dicesse: — Non temetti mai un istante della tua fermezza».

Son parole che redimono molti insulti dei vili prepotenti.

Milano e il 1821 non erano il tempo e il luogo dove ai liberati si festeggiasse, come aveano fatto i Trentini; e il Romagnosi continuò a stentare la vita con una tenue pensione e col lavorare di penna. Quindi la biografia di lui si riduce all’esame de’ suoi libri. Di questi già molti ragionarono, e noi stessi quando n’erano ancor calde le ceneri, schermendoci dalla critica invidiosa d’ogni superiorità, come da quella seduzione dell’autorità, che non discerne il rispetto dall’idolatria, l’ascoltare un maestro dal venerare un oracolo, e fa accettare ogni proposizione perchè venuta da un grand’uomo. Ora passò un terzo di secolo, e appartengono alla posterità le opere di lui, già ben giudicate dal non essere dimentiche fra questo profluvio di novità, fra questo idiota dispregio del passato e della scienza seria.

La Genesi è la sola che scrisse per intento scientifico e indipendente, prima che arrivassero i nembi a rompere quelle abitudini dell’intelligenza, le quali danno agevolezza allo spirito, e imprimono un movimento regolare all’anima. Trascinato anch’egli nel vortice dove si perde la calma del giudizio, ma dove l’esperienza delle cose corregge l’assolutezza delle teoriche, subì quel fascino della forza e del successo, al quale è sì diffìcile sottrarsi, pure cercò correggere il despotismo colle forme, ultimo rifugio quando si oblitera il senso della libertà.

Dappoi sparpagliò su varj giornali, come il Conciliatore, l’Ape, la Biblioteca italiana, la Minerva, l’Indicatore, gli Annali di Statistica, l’Antologia di Firenze, articoli parte desunti dalle maggiori opere sue, parte per chiarirle, e, dicasi realmente, per guadagnare non la gloria, ma il pane quotidiano. Son dunque di materie fuggevoli, e fin sopra temi che non bene conosceva, come i geroglifici e le antichità indiane e le etrusche, o sopra libri che non avea veduti, come la Storia della civilizzazione del Guizot; e senza l’alta imparzialità