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540 | illustri italiani |
Mutatosi pertanto, l’ottobre del 1806, alla città capitale del regno d’Italia, con altri valenti giureconsulti pieni di dottrina e d’amore pel bene degli uomini e per la gloria del Governo italiano1, studiò a compilare il Codice di procedura criminale, che, secondo Montesquieu, è il più importante alla civile libertà: ma era ordine d’attenersi il più possibile al Regolamento organico della giustizia civile e punitiva, modellato sul Codice francese. Il Romagnosi a nome del ministero assistette alle settantadue sedute, in cui il Consiglio di Stato tolse ad esame il progetto, e ne tenne i processi verbali. Egli almeno avrebbe voluto ne’ giurati la formola dubitativa del non liquet «onde non provocare assoluzioni che fanno impallidire, o condanne che fanno fremere»; ma Napoleone, nel dispotico discorso del 7 giugno 1805, discorso che, per la sublimità delle idee e per la liberalità de’ sentimenti onorerebbe i Titi e i Marcaurelj2, avea detto: — Non ho creduto che lo stato dell’Italia mi permettesse di pensare a stabilir i giurati. I giudici devono pronunziar come giurati, dietro la sola convinzione e coscienza, senza abbandonarsi ad un sistema di semiprove, che cimenta l’innocenza più spesso che non valga a scoprire il delitto». Essendo stati proposti qui pure i biglietti regj, altamente vi si oppose il Romagnosi; e trovando i colleghi poco disposti a sostenerlo, rinfacciò loro che le croci onde aveano decorato il petto, come il teschio di Medusa gl’impietrivano contro i diritti della nazione, e vinse il suo partito. Merito suo è ancora l’avere introdotto il titolo della riabilitazione e della revisione delle cause, mentre anche in codici lodati prevale che la cosa passata in giudicato abbiasi per inappellabile.
Il duello, che è l’epilessia del coraggio, offrì sempre uno de’ punti più scabrosi ai legislatori. Il vedere odierno riproverebbe affatto i concetti del Romagnosi, che, quando non fosse intervenuta la morte, condannava il provocatore a due anni di ferri, dopo essere stato condotto sul luogo delle pubbliche esposizioni, ove il carnefice gli batterebbe sul viso la spada che servì alla prova, poi infranta gliela getterebbe con disprezzo ai piedi; allora rimarrebbe esposto col cartello e col boja. Se era avvenuta la morte, toccherebbe inoltre i