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giandomenico romagnosi | 519 |
II.
Ivi assomma e coordina quanto prima erasi detto su quel problema tanto dibattuto, ma nulla stabilisce di nuovo. La scienza della legislazione, tolta alle miserie ed alle atrocità de’ secoli trascorsi, era stata in Italia già drizzata al meglio da Filangeri e da Cesare Beccaria. Però e l’uno o l’altro aveano piuttosto adoperato il sentimento che la ragione, le simpatie che la dimostrazione; ed anzichè porre un fondamento d’inconcusse dottrine per l’edifizio de’ futuri codici penali, eransi ingegnati di scuotere col calore dell’eloquenza, ispirata dalla soffrente umanità. Modo forse il meglio opportuno a rompere la vergognosa apatia dello spirito umano, che strascinavasi terra terra sulle orme d’una pratica irrazionale; e a farsi intendere di mezzo all’accidioso silenzio. Ma la filantropia, se è necessaria per crollare le viziose istituzioni, riesce inetta a stabilirne di nuove; e compita la sua missione, avutone il premio più bello, la benedizione del genere umano, deve cedere il luogo alla scienza.
A que’ due insigni non bastò il coraggio di staccarsi dal sentiero tracciato dai Francesi, che aveano elevato tutto l’ordine delle dottrine civili sopra la finzione d’un contratto sociale, in cui vigore gli uomini, dallo stato di naturale indipendenza, rinunziando parte di lor libertà, eransi uniti in consorzj. Come potesse chiamarsi naturale indipendenza uno stato, ove l’uomo, essere puramente senziente, trovasi schiavo del fortuito concatenamento delle esterne impressioni; ha per unica legge il soddisfare a’ macchinali bisogni; quando questo contratto fosse stato conchiuso; ove se ne leggesse il testo originale; come gli uomini avessero potuto venir tutti insieme ad una convenzione, senza che antecedentemente fossero legati in società; come avessero potuto alienare diritti necessarj alla conservazione e al perfezionamento, ed alienarli non solo per sè, ma per tutti gli avvenire, i quali dovessero tenersi obbligati ad un contratto conchiuso da altri senza mandato alcuno, non erano difficoltà che sgomentassero i pedissequi di Loke e di Rousseau. L’uomo, dicevano, ha doveri: potrebbe esser a questi tenuto se non in forza d’un patto? E non si spingevano fino a domandare perchè poi l’uomo sarebbe obbligato a tal patto. O se pure fossero ridotti alle strette, si tranquillavano pensando che, alla fin fine, non era che un’ipotesi, senza