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502 | illustri italiani |
tinuo le dottrine giansenistiche, presentava come modello il sinodo scismatico di Utrecht del 1663, ed esortava i vescovi a imitarlo, accettando i curati come giudici, e premuniva contro gli intrighi della Corte di Roma che adoprerà i monaci e il nunzio per mandare l’opera a vuoto, attribuiva ogni autorità al principe, o almeno agguagliavala a quella del sinodo tridentino col professare che si operava «in conformità di quanto ha prescritto quel sinodo, e degli ordini e istruzioni sovrane veglianti nel granducato».
Ma non vi trovò tanta condiscendenza come a Pistoja; savj oppositori non lasciarongli attuare i progetti: e il granduca sciogliendo l’assemblea, con severe parole non dissimulò ai vescovi d’andare poco soddisfatto perchè non avessero secondato le sue intenzioni.
— Calvino invade l’Italia», diceano i timorati.
— Finalmente si vedrà repressa la tracotanza de’ papi», diceano i regalisti.
Ma da una parte molti ecclesiastici repugnavano al preteso ripristino de’ vescovi negli antichi diritti e al nuovo giuramento; dall’altra sulla scena, fra vescovi e cortigiani, intrometteasi un attore nuovo, quel che a vicenda si divinizza col nome di popolo, o si vilipende col titolo di vulgo. Nelle Fiandre si era esso furiosamente levato contro le innovazioni religiose, introdotte colà pure da Giuseppe II, oltraggiò i professori del nuovo seminario, ruppe alfine in aperta rivolta. Anche in Toscana, mentre i discoli buffoneggiavano quelle controversie, il popolo, affezionato alla religione degli avi, di sinistro occhio avea guardato alle riforme del Ricci; il quale, gonfiato dall’aura principesca, facea recitare in vulgare i salmi, cambiava il fructus ventris nell’Ave Maria, alle litanie della Beata Vergine sostituiva quelle di Gesù, levava gli ornamenti preziosi dalle chiese, spogliando il culto del suo splendore e interrompendo pratiche care alla pietà, quale la funzione della notte di Natale. Quando si celebrò in italiano, e il prete alla fine si voltò a cantare — Andate, la messa è finita», fu uno scoppio di risate; scoppio d’indignazione nell’udir battezzare «per Dio vero, per Dio santo». I libri di pietà da lui raccomandati, stracciavansi e si gettavano ne’ mondezzaj: sulle pareti scrivevansi ingiurie, e si trovò appiccicato alla porta del duomo un cartello con Orate pro episcopo nostro eterodoxo.
Il Ricci aggiunge che s’insinuava non apertamente ma sordamente l’insubordinazione contro Leopoldo, quasi camminasse sulle traccie