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500 illustri italiani


Molte definizioni dogmatiche degli ultimi secoli repudia siccome abusi di autorità che la divina provvidenza ha permessi per tentazione e prova de’ suoi servi; sarebbe nuovo abuso dell’autorità il trasportarla oltre i confini della morale e della dottrina, estendendola a cose esteriori, e colla forza esigendo quel che dalla persuasione e dal cuore dipende, attesochè il divin Redentore ha ristretto tutte le facoltà della Chiesa allo spirito. Qualvolta i pastori travalichino questi limiti, perdono il diritto alla assistenza promessa, e le loro determinazioni sarebbero usurpazioni, alte a seminare scandalo e divisione nella società1.

Si accettavano le quattro proposizioni della Chiesa gallicana, includendole nel decreto De fide, e i dodici articoli del cardinale Noailles; approvavansi le riforme introdotte dal granduca e dal Ricci, e si prescrisse il catechismo, allora pubblicato dal Montazat arcivescovo di Lione. La professione di fede doveva essere siffatta:

— Io credo e confesso con ferma fede tutti gli articoli del simbolo degli apostoli. Ammetto e abbraccio con tutta fermezza le tradizioni degli apostoli e della Chiesa, con tutte le osservanze, usi e canoni di quella. Ricevo la sacra scrittura secondo il senso che ha sempre tenuto e tiene la nostra santa madre Chiesa, alla quale ne appartiene il giudizio e le interpretazioni, e giammai non la prenderò nè la esporrò che secondo il comune consenso de’ padri. Confesso i santi sacramenti della nuova legge, istituiti da nostro signor Gesù Cristo: ricevo inoltre e ammetto le cerimonie approvate e usate dalla Chiesa nell’amministrazione di questi sacramenti. Io professo che nella santa messa si offerisce a Dio un sagrifizio vero, che è propiziatorio per vivi e per morti; e che nel sacramento dell’eucaristia sono realmente, veramente e sostanzialmente il corpo, il sangue, coll’anima e divinità del nostro salvatore Gesù Cristo, e che in quello è fatta una conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo, e di tutta

  1. Numero XIII del Decreto di fede. Ma nel n. X erasi scritto: — Non può temere il fedele che la Chiesa abusi giammai di questa autorità. L’assistenza divina, che la assicura di non errare quando esprime il suo giudizio sulla dottrina e la morale, le assicura per la stessa ragione il privilegio di non abusare. Se tale sicurezza mancasse, saremmo egualmente incerti nella nostra credenza, e potrebbe sempre chiedersi se la Chiesa avesse o no abusato della sua autorità, o si fosse dipartita dalle vere sorgenti, che rendono infallibili le sue decisioni; sicchè le decisioni della Chiesa resterebbero soggette ai capricci e al giudizio d’ogni privato».