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sione, e al granduca qualche motivo di essere meno disgustato dell’avvilimento in cui vede che la Corte romana riduce i vescovi quando non sagrificano col proprio dovere i loro diritti, per lasciare tutta, l’estensione a quelli che Roma pretende».

Tale linguaggio al papa cattolico potea tenere allora un arciduca d’Austria, che poi al teologo ducale scriveva essere «stanca Sua Altezza Reale del mal umore, animosità e contegno molto strano, col quale il santo padre tratta gli affari della Toscana».

Tanto bastava, e, ciò ch’è meraviglia, basta per farlo applaudire dai liberalastri.

I Punti di vista, da S. A. R. spediti a tutti i vescovi della Toscana sotto il 26 gennajo 1786, sono una specie di pastorale, dove esso ingiunge convochino ogni due anni sinodi diocesani, in cui esaminare varj punti, fra’ quali, l’introdurre migliori libri di devozione, impedire tanti giuramenti, anche ne’ tribunali; se espurgare i breviarj dalle leggende false o erronee; se amministrare i sacramenti in vulgare; se restituire l’elezione de’ parroci al popolo, il quale scelga tre elettori, che coi parroci anziani del distretto presentino al vescovo il soggetto; il clero sia educato uniformemente: si formino molti libri per uso dei parroci, a’ quali raccomandansi la Regolata devozione del Muratori, la Storia ecclesiastica di Bonaventura Racine, noto portorealista; il corso di teologia morale del Tamburini; i Costumi degli Israeliti e de’ Cristiani e i Discorsi sulla storia ecclesiastica del Fleury; dove si noterà non trovarsi indicate le Istruzioni di san Carlo. Proponeasi pure che tutti si conformassero alle dottrine di sant’Agostino sopra la Grazia. E perchè non restasse dubbia l’intenzione, il quinto punto esprimeva doversi «rivendicare all’autorità de’ vescovi i diritti originarj loro, statigli usurpati dalla Corte romana abusivamente».

Non è da credere che tutti accettassero questi punti colla sbadataggine dei tempi, in cui i caratteri furono snervati dalle convulsioni; ed oltre i molti opuscoli stampati «in Ferrara, in Assisi, in Roma, non contro il Ricci solo, ma contro il granduca e la maestà dell’imperatore, e col ministero de’ frati divulgati per tutta Italia»1, nell’archivio Ricci trovammo delle controsservazioni di gran peso (al N.° 28); fra il resto mostrando che sant’Agostino è degno d’ogni venerazione, ma la Chiesa non riconosce l’infallibilità in nessun dottore dopo gli

  1. Così il Ricci, nell’autobiografia manoscritta.