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scipione ricci 491


Aggiunse, sempre ad imitazione de’ Francesi, i Caratteri d’un giudizio dogmatico; Cos’è un appellante? le Lettere Piacentine, le cui principali conclusioni sono, che il giudizio dogmatico del papa non è perentorio, quand’anche suffragato dalla pluralità de’ vescovi; onde si può da esso appellare; e che unico giudizio perentorio nelle quistioni è la perfetta concordia intera della Chiesa.

Ognun vede come questa sia impossibile, giacchè vi mancherà, non foss’altro, il concorso di quelli che la pretendono1.

Nel 1783 a Pavia fu stampato Taddœi s. r. i. comitis de Trautmansdorf, i. collegii germanici ticinensis alimni, de tollerantia ecclesiastica et civili; apoteosi del potere principesco, fin a sostenere che «non può dubitarsi del diritto regio nelle cose sacre»: che «il principe come principe ha diritto sulla dottrina pubblica, le cerimonie e i riti, e di stabilir per comuni suffragi la pubblica religione; i sacerdoti non diferire dagli altri ufficiali dello Stato, onde spetterà all’imperatore la loro elezione, e tutta l’amministrazione esterna». Fu creduta opera o dello Zola o del Tamburini, e probabilmente entrambi vi collaborarono, come trapela dalle lodi ch’essi vi diedero, e

  1. 1771. Altre sue opere sono:
    De justitia Christiana et de sacramentis. Pavia, 1783 e 84.
    De ultimo hominis fine, deque virtutibus theologicis et cardinalibus. Pavia, 1785.
    De Ethica cristiana. Pavia, 1785.
    De verbo Dei scripto ac tradito. Pavia 1789.
    Introduzioni e lezioni di filosofia morale, volumi 7 in -8, dal 1802 al 1812.
    Saggio di poesie composte oltre l’ottantesimo anno.
    Il Tamburini insiste sulla necessità della perfetta concordia de’ fedeli, dell’unanimità almeno morale di tutti coloro che non si sono apertamente separati dall’unità della Chiesa. «Non si può trattare d’eretico o scismatico (dic’egli) chi, dubitando dell’unanime consenso della Chiesa intorno ad una decisione del papa o della seda apostolica, ricusasse d’aderirvi». Vera idea, parte II, c. 4, § 18.
    Basta dunque un solo dissenziente. Eppure i Giansenisti si considerano in libertà di resistere: in dubiis libertas.
    S’ha una lettera del Gioberti fin del 1830, diretta all’avvocato Saleri di Brescia, ove applaude ad un costui Elogio del Tamburini, effondendosi nelle lodi di questo, siccome grand’osteggiatore di «quella setta potente che, dopo corrotta la morale, corrotti i dogmi e la disciplina, vuol mescere il cielo colla terra, la società civile colla ecclesiastica, il regno spirituale col temporale, perpetuare gli abusi presenti, far rivivere quelli della bassa età, e spenta ogni civiltà moderna, richiamare nella religione e nel mondo l’antica barbarie». Esorta il Saleri a raccogliere tutte le lettere del Tamburini; e a procurare un’edizione compiuta delle sue opere a Firenze, dove la censura è più benigna.