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482 | illustri italiani |
che il Ricci, onesta mediocrità, non si staccasse mai di cuore dalla Chiesa cattolica, benchè a molti errori lo traesse la smania di figurare e la bassa condiscendenza ad un principe, qual fu Pietro Leopoldo, ligio alle idee antipapali d’altri principi austriaci, e voglioso degli applausi d’un popolo, che s’annojava della sua quieta beatitudine.
E davvero i suoi cominciamenti preludeano a tutt’altro che alla più clamorosa personificazione del giansenismo in Italia. Piissimo, sopratutto zelava il culto della beata Caterina de’ Ricci; racconta di grazie ricevute per invocazione del beato Ippolito Galantini, fondatore de’ Vanchettoni; e si querela che il digiuno quaresimale, «troppo necessario per soddisfare in qualche modo ai debiti colla divina giustizia», venga negletto, nè la refezione si limiti a fichi secchi e zibibbo 1.
Fatto vescovo di Pistoja, tolse a correggere la disciplina che, in certi monasteri, sotto la direzione non de’ Gesuiti, in fama di lassi, bensì degli austeri Domenicani, era degenerata in una licenza appena credibile, cogli errori e le laidezze de’ Gnostici, fomentata dalla lettura di Voltaire e Rousseau, mantellata qualche volta da un osceno quietismo, fin a dire che la nostra perfezione consiste nell’unirsi con Dio; e siccome tutti partecipano della natura di Dio, perciò ogni carnale unione fra gli uomini esser vincolo di perfezione e di congiungimento con Dio.
Non pago a ciò, egli tolse a modificare il culto e i riti; riduceva ad un solo gli altari d’ogni chiesa per togliere la simultanea celebrazione delle messe, «introdotta con molta indecenza contro lo spirito della Chiesa e mantenuta dalla ignoranza, irreligiosità e interesse de’ ministri del santuario»: ne levava le tabelle che li dichiaravano privilegiati, o prometteano liberazione d’anime purganti; processò reliquie ed immagini miracolose, sopprimendo le meno autentiche, e proibendo di coprirle con mantelline; abolì le cappelle domestiche e certi giorni festivi: non si recitino pane-
- ↑ Il Ricci riflette che, in sua gioventù, era poco frequente il caso d’un indulto generale nella diocesi: e quando accordavasi, era solo per uova e latticinj, esclusine pur sempre i mercoledì, venerdì e sabati, la prima e l’ultima settimana, e le vigilie dell’Annunziata e di san Giuseppe: e mai non si concedeva due anni di seguito. Clemente XIII nel 1767 dispensò anche per l’uso delle carni, dal che venne grave scandalo; poi Pio VI abbondò.