Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/49


dante 29

che Bertinoro fugga via per non soffrire la tirannide de’ Calboli; così sentenzia Rinier da Corneto che fe guerra alle strade, e Provenzan Silvani che presunse recar Siena alle sue mani; e i Santa Fiora che malmenarono i dintorni di questa città. Sono al contrario encomiati gli Scaligeri e i Malaspini, suo rifugio ed ostello, e Uguccione della Faggiuola, cui pensava intitolare la prima cantica: onde, chi cerca la storia non per declamazione o per teorica preconcetta veda se uom possa, altrimenti che a retorico esercizio o pel perdonabile intento di voler trovare tutto grande nei grandi, sostenere l’amor patrio e l’equità di Dante nel distribuire i vituperj e il guiderdone.

Le vendette sue non si limitano fra l’Alpi, ma le scaglia ad Edoardo d’Inghilterra e Roberto di Scozia che non sanno tenersi dentro lor meta; al codardo re di Boemia, all’effeminato Alfonso di Spagna, al dirazzato Federico d’Aragona, all’usurajo Dionigi di Portogallo, agl’infingardi Austriaci, e fino al re di Norvegia, e a non so qual principe di Rascia (Servia), falsatore di ducati veneti. Principalmente infellonisce contro i Capoti, che maledice già nel loro stipite Ugo figliuol di beccajo, la cui discendenza poco valea, ma pur non fece male, sinchè acquistata Provenza, cominciò con forza e con menzogna la sua rapina. Di là uscì Carlo di Valois senz’altre arme che quelle di Giuda; di là Filippo il Bello, il mal di Francia, che crocifigge di nuovo Cristo nel suo vicario; onde il poeta invoca di presto esser consolato nel veder la vendetta che Dio prepara in suo segreto; come altrove invoca il giusto giudizio sopra la stirpe di Alberto d’Austria, tanto che il mondo ne pigli sgomento.


X.


In fondo egli combatte la democrazia; svelenasi contro i tiranelli che aveano abbattuto i vecchi baroni, contro la gente nuova e di guadagno ch’era prevalsa alla semenza santa delle stirpi conquistatrici; combatte pel passato che crolla, sempre nell’intento di surrogare alla delirante plebe il dominio de’ migliori, de’ sapienti.

In fatto dall’innovarsi delle dottrine derivava reluttamente all’autorità, ed il pensiero si ribellava alla fede. Oltre la dottrina di Averoe e del Maimonide, che s’insinuavano collo studio dell’ebraico e dell’arabo, i Patarini rattizzavano gli errori degli Ariani e de’ Manichei; la