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il paese, connivendo agli eccessi. E diceasi che, contemplando dall’alto d’un suo castello la contrada, avesse esclamato: — Bel paese la Sassonia; ma i suoi abitanti sono miserabili servi».

Popolo e grandi oltraggiati si strinsero in federazione, e messi in piede sessantamila uomini, chiesero che Enrico smantellasse i castelli, tornasse in libertà il loro futuro duca, restituisse la prisca costituzione paesana. Disdetti delle domande, l’assalirono (1074), e ridussero a chieder pace. Compreso allora che non bastano fortezze a tener in freno gente maltrattata, si diede a carezzare i signori tedeschi, dapprima esasperati; e fidando nel costoro appoggio, accusò i Sassoni d’avere, nel distrugger le rôcche, profanato altari e sepolcri; e mandato l’eribano per tutta Germania, gli assalì e sconfisse, e colle perfidie e coi supplizj soffocò i ribelli, parola che spesso indica coloro che reclamano i proprj diritti (1075).

I lamenti de’ Sassoni unironsi allora ai tanti che d’ogni parte prorompeano contro Enrico, e si diressero al pontefice, come al repressore d’ogni vizio e tirannide, come all’appoggio d’ogni sforzo contro gli abusi. Già prima d’esser unto, udimmo Gregorio dichiarare ad Enrico che ne comprimerebbe le stemperanze e il mercato delle sacre dignità, sfacciatamente usato alla Corte di lui. Salito alla cattedra di San Pietro, scriveva al duca Gotofredo: — A nessuno io cedo nello zelare la gloria presente e futura dell’imperatore; e alla prima occasione, per via di legati, gli farò caritatevoli e paterne ammonizioni. Se m’ascolta, esulterò della salvezza sua come fosse mia propria; se ripagasse d’odj la mia premura, Dio mi preservi dalla minaccia ch’e’ fa dicendo: Maledetto l’uomo che ricusa alla spada il sangue».

Trovato renitente il principe, innanzi di dar effetto alla minaccia contro del peccatore volle colpirne i peccati; proferì destituiti l’arcivescovo di Brema e i vescovi di Strasburgo, Spira, Bamberga convinti di simonia, ed escluse dalla Chiesa cinque consiglieri di Enrico, se al tempo assegnato non rendessero soddisfazione alla santa sede; frattanto metteva in mezzo parenti ed amici affine di commuovere Enrico, il quale, alle istanze di Agnese sua madre, promise emendarsi, ed assistere il papa nell’estirpare l’eresia.

Viva compiacenza ne provò Gregorio, ma quegli, se aveva piegato allorchè temeva l’opposizione dei Sassoni, appena ne uscì vincitore (1076) pretese che i loro vescovi caduti in sua mano fossero degradati come felloni, e conferì il vescovado di Bamberga ad un