Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
gregorio vii | 439 |
condotte per molto argento; il vello della pecora e dell’agnello si ha in dispetto, e voglionsi ermellini, volpi, màrtori, zibellini. Mi vien fastidio a numerare queste borie, che movono a riso, è vero, ma a tal riso che è radice di pianto, vedendo questi portenti d’alterigia e di prodigiosa follia, e le pastorali bende sfavillanti di gemme e qua e là scabre d’oro». Quando Arnolfo arcivescovo di Milano andò ambasciadore alla Corte greca, traeva immenso codazzo d’ecclesiastici e secolari, fra cui tre duchi e assai cavalieri, ai quali avea distribuito pelliccie di màrtoro, di vajo, d’ermellino; esso poi montava un cavallo di ricchissima bardatura, ferrato d’oro, con chiovi d’argento.
Quel fasto, secondo le idee d’oggi, indicherebbe una superiorità di incivilimento, di cortesia, di raffinatezza. Ma di questi scialacqui come i prelati poteano rifarsi? dilapidando le chiese e i poveri, rivendendo le dignità minori, guastando così l’umor vitale fin nelle parti estreme. Assenti dalle diocesi anche per tutta la vita, addestrandosi alle battaglie colle caccie, corteggiando principi, i vescovi corrompevano i proprj e lasciavano corrompere i costumi del clero nella guisa più deplorabile. Sul modello de’ grandi, i patroni laici faceano bottega de’ benefìzj e delle cure; mentre i secolari, a cui i chiostri erano dati in commenda, vi lasciavano sfasciarsi ogni disciplina.
Clero e popolo, trovandosi esclusi dalle elezioni e imposti superiori sconosciuti o perversi, mal si rassegnavano all’obbedienza o ne nascevano turbe e tumulti. I laici non badavano alle scomuniche, sapendo che già n’erano colpiti quelli che le lanciavano. Il beato Andrea, abate di Vallombrosa, esclama: — Era il ministero ecclesiastico sedotto da tanti errori, che appena si sarebbe trovato alcuno alla propria chiesa; chi con isparvieri e cani dandosi attorno, perdevasi in caccie; chi faceva da tavernajo, chi da usuriere; tutti con pubbliche concubine passavano vituperosamente lor vita, tutti fradici di simonia, tanto che nessun ordine o grado dall’infimo al sommo poteva ottenersi se non si comprava al modo che si comprano le pecore. I pastori, cui sarebbe toccato rimediare a tanto guasto, erano lupi rapaci».
A tanta corruttela i Concilj opponevano decreti di morale e disciplina, che nel mentre attestano il vizio, accertano che almeno vi avea proteste contro di quello. Ma finchè mercanteggiavansi le chiese, finchè se ne