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gregorio vii 437

teressi, pronunzia nelle contese pubbliche e internazionali; e in un mondo governato dell’opinione più che da leggi politiche, parla d’onestà e dovere a coloro, cui unico diritto sono il capriccio e la forza: tipo sublime, che forse non fu mai attuato pienamente; ma esercitò ben maggiore efficacia che non i tanti altri sistemi, fantasticati per mantenere una libera alleanza o federazione tra i popoli civili.

In Occidente, ove più, ove meno, ma dappertutto era riconosciuto il primato del vescovo di Roma sugli altri. Questo si assodò coll’estendere l’uso di spedire legati pontifizj con ampj poteri; che, sicuri dell’esterno appoggio, parlavano sul gagliardo a principi e prelati.

Tanta potenza acquistata dai vescovi e dai papi non potea non venire a cozzo coll’autorità secolare. La Chiesa avea sempre gelosamente provveduto l’elezione de’ ministri suoi libera fosse, e già ne’ canoni primitivi si pronunzia deposto chi sia eletto da podestà secolare. Ma dopo che la pietà dei fedeli e la politica dei principi alzarono i vescovi e gli abati tra i maggiori possidenti, e l’ordinamento dei tempi li collocò feudatarj, parve ai re aver buona ragione per obbligarli a ricevere da essi la investitura del benefizio; cioè che vescovi e abati nuovi dovessero prestar l’omaggio al principe, e chiederne la conferma de’ possessi e delle giurisdizioni, delle quali esso gl’investiva.

I principi e i baroni, invidiando le vaste ricchezze e il conseguente potere acquistato dalla Chiesa, ne voleano almen qualche porzione. Ogni vacanza di vescovadi e del papato apriva l’arena a brogli, a corruzioni, a violenze; disputandosi la mitra e la tiara, siccome un tempo la corona imperiale. Gli imperatori, quai tutori della Chiesa, credettero rimediarvi col presedere alle elezioni e confermarle: ma ciò che prima era una protezione, un riparo a deplorabili abusi, divenne un’arroganza e un peso quand’essi non tennero per legittima l’elezione d’un papa se non fosse approvata da loro.

Secondo le norme feudali, ogni dovere veniva da un impegno personale; il possesso medesimo era una concessione, simboleggiata con atti materiali e solenni, e condizionata a patti espressi. Tale natura aveano anche i possessi, di cui gli imperanti o i baroni investivano le chiese e gli ecclesiastici, a titolo di regalie. In conseguenza essi pretendevano godere di quei beni duranti le vacanze (regalia utile), e conferire i benefizj mentre i vescovadi vacassero