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420 | illustri italiani |
E della pena mia
Narro, e ’n parte piangendo, acerba istoria,
Ed in voi la memoria
Di voi, di me rinnovo;
Vostri effetti cortesi,
Gli anni miei tra voi spesi;
Qual son, qual fui, che chiedo, ove mi trovo,
Chi mi guidò, chi chiuse,
Lasso! chi m’affidò, chi mi deluse.
Queste cose rammento
A voi piangendo, o prole,
D’eroi, di regi gloriosa e grande:
E se nel mio lamento
Scarse son le parole,
Lagrime larghe il mio dolor vi spande.
Cetre, trombe, ghirlande,
Misero, piango, e piango
Studj, diporti, ed agi,
Mense, logge, e palagi,
Ov’or fui nobil servo ed or compagno;
Libertade e salute,
E leggi oimè! d’umanità perdute.
Non esaudito, abbandonato dagli uomini, credette che Maria stessa con san Benedetto e santa Scolastica gli comparissero per consolarlo1.
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Egro io languiva, e d’alto sonno avvinta
Ogni mia possa avea d’intorno al core,
E pien d’orrido gelo e pien d’ardore
Giacea con guancia di pallor dipinta;
Quando di luce incoronata e cinta,
E sfavillando del divino ardore,
Maria, pronta scendesti al mio dolore,
Perchè non fosse l’alma oppressa e vinta.
E Benedetto fra que’ raggi e lampi
Vidi alla destra tua; nel sacro velo
Scolastica splendea dall’altra parte.
Or sacro questo core e queste carte,
Mentre più bella io ti contemplo in cielo,
Regina, a te, che mi risani e scampi.