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dante 23


Nell’inferno i condannati non si lagnano de’ supplizj, bensì de’ mali morali; Ugolino non cura il freddo, ma rode l’arcivescovo Ruggeri e domanda d’infamarlo: Farinata non muove costa in mezzo alle fiamme, tra le quali Cavalcanti teme soltanto sia morto suo figlio, dacchè nol vede con Dante; Francesca non bada al vento che li mena di qua di là, di su di giù, ma a colui che mai da lei non fìa diviso. Ciò rende tanto superiore l’inferno: che invece nelle pitture s’accosta al burlesco, intanto che bellissimi sono i paradisi del Gozzoli, di Mino da Fiesole, di Frate Angelico. Nel paradiso. Dante non può variare la perfezione morale, e passionar per la beatitudine; in quel torrente di musica, di luce, di movimento, noi restiamo attoniti più che commossi, difficilmente appassionandosi l’uomo pei gaudj altrui.

Tra ciò Dante porge le bellezze più nuove della poesia moderna, coll’immaginazione antica; sposa l’inno di Pindaro, il carme di Tirteo, il giambo d’Archiloco senza conoscerli; eleva al cielo col suo genio, rimena alla terra co’ suoi dolori.

E bellezza sua originale è quella rapidità di procedere, per cui non s’arresta a far pompa d’arte, di figure retoriche, di descrizioni, a ripetere pensieri altrove uditi; ma si difila alla meta, colpisce e passa. Insigne nel cogliere o astrarre i caratteri degli enti su cui si fissa, egli è sempre particolare nelle dipinture; vedi i suoi quadri, odi i suoi personaggi. Libero genio, adopera stile proprio, tutto nerbo e semplicità, con quelle parole rattenute che dicono men che il poeta non abbia sentito, ma fanno meglio intravedere l’infinito acciocchè ne cerchiamo il senso in noi medesimi. La forza e la concisione mai non fecero miglior prova che in questo poema, dove ogni parola tante cose riassume, dove in un verso si compendia un capitolo di morale1, in una terzina un trattato di stile2,

    cessus. Si vero accipiatur opus allegorice, subjectum est homo prout merendo et demerendo per arbitrii libertatem justitiae praemiandi et puniendi obnoxius est. Finis totius et partis est removere viventes in hac vita de statu miseriae, et producere ad statum felicitatis». Lettera a Can Grande.

  1.                     Chiede consiglio da persona
                   che vede, e vuol dirittamente, ed ama.

  2.                     Io mi son un, che, quando
                   Amore spira, noto, e in quel modo
                   Ch’ei detta dentro, vo significando.