Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/429


torquato tasso 405

ritardato da tante traversie, e finito con effetti maggiori ma diversi alle speranze. Quel soggetto serbava inoltre il merito dell’opportunità al tempo del Tasso, quando i Turchi ancora infondevano sgomento, ed eccitavasi contro di essi la pericolante Europa1, non bene rassicurata dalla battaglia di Lépanto, ultimo atto delle crociate, ove cenventisei navi di Venezia, quarantanove della Sicilia, altre del papa sconfissero la flotta ottomana di ducenventiquattro vele, uccidendo venticinque mila e facendo prigionieri diecimila Turchi; e quindicimila cristiani liberando dalle loro galee (1571).

Sì bel soggetto baleni ad un’intelligenza poetica, e ne sentirà l’impareggiabile elevatezza. Torquato invece esitò fra questo ed altri di troppo inferiore dignità; e il suo peritarsi fra la prima e la seconda crociata sarebbe inesplicabile, se non si riflettesse che, attenendosi al modulo virgiliano, credeva necessaria l’unità del protagonista. Alla seconda crociata armaronsi i re, nessuno alla prima: onde il Tasso dovette falsarla essenzialmente coll’attribuirvi ciò che più le repugnava, vale a dire un capo a cui tutte le volontà si sottomettessero nell’intento di «liberare il gran sepolcro e ridurre gli erranti compagni sotto ai santi segni».

Lui fortunato, fortunata l’italiana letteratura se soltanto dalla storia e dalle devote memorie avesse attinto l’ispirazione, anzichè tornare alle invenzioni romanzesche, a magie e incantesimi, e complicazione di amori, e sconveniente imitazione di frasi, di soggetti, di concetti!

Come la lirica è l’immediata manifestazione poetica de’ sentimenti ingenui e vivaci, l’epopea è la narrazione poetica d’un fatto gran-

  1. Anche più tardi Urbano VIII, nell’inno a san Martino, scriveva:

                   Tu natale solum protege, tu bonæ
                   Da pacis requiem Christiadum plagis,
                   Armorum strepitus et fera prælia
                                       In fines age thracios.
                   Et regum socians agmina sub crucis
                   Vexillo, Solymas nexibus exime,
                   Vindexque innocui sanguinis, hostium
                                       Robur funditus erue.

    Le poesie di Urbano VIII furono stampate un secolo dopo da un inglese: Maphæi suæ reverendissimæ eminentiæ cardinalis Barberini, postea Urbani papæ VIII poemata: præmissis quibusdam de vita auctoris et annotationibus adjunctis; edidit Josephus Brow, Oxonii, 1736.