Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/413


ovidio 391

versò contro costui le invettive più fiere, ma anche nel furor della passione imitò, intitolando così il poemetto perchè contro un Ibi aveva inveito Callimaco; e lavorò di reminiscenze, giacchè gli augura tutti i mali con 239 esempj. Verseggiò pure i trionfi di Tiberio, e un libro sui pesci (Halieuticon); perduti.

Colà compose o finì il libro dei Fasti; specie di liturgia, dove spiega i nomi delle feste romane e l’ordine loro e i riti e l’origine, come già aveano fatto alcuni greci in Alessandria, e a Roma Properzio e Antonio Sabino. È l’opera sua più sobria, perocchè avea cose a dire: la più amena e dolce benchè in argomento arido, e con episodj variatissimi, e meno offesa dei difetti consueti. Vero è che pur qui non trova o suggerisce nulla di elevato o recondito; lascia dominarvi la leggenda, la menzogna consacrata dai sacerdoti; e poichè gli Dei e la religione a suo tempo erano anticaglie, scartate dalle persone colte, egli se ne valse, quanto già nelle Metamorfosi, con leggerezza e sorriso, come della cavalleria fece l’Ariosto, che a questa credea nulla più che Ovidio a’ suoi numi. Incredulo alla foggia del suo tempo, la fede negli Dei giudica opportuna e nulla più1, sicchè pura arte fece anche qui; se non che, dovendo di preferenza toccare a favole latine d’origine pastorizia, ce ne conservò alcune che altrimenti ignoreremmo. Quest’opera è delle pochissime che furono tradotte in greco.

Come in tutti i componimenti del suo tempo, l’idea in lui predominante è Roma: questa è la sola unità dei Fasti; lei dipinge negli Amori; a lei sospira nelle Triste, di lei intarsia i destini nella troppa facile orditura delle Metamorfosi, le quali finiscono con Romolo e Numa, colla stella di Giulio Cesare, e colle preci per la conservazione d’Augusto2. Ovidio non è adulatore del tempo passato3: una volta affetta la universale filantropia4 mentre altre volte idolatra la patria5.

  1.                Expedit esse Deos, et ut expedit esse putamus.

    Ars Am. I.

  2. Se lo propone fin dal principio:

                                            Di, cœptis
                   Aspirate meis, primaque ab origine mundi
                   Ad mea perpetuum deducite tempora carmen.

  3.                Prisca juvent alios: ego me nunc denique natum
                        Gratulor: hæc etas moribus apta meis.

    A. A. III, 121.

  4.                Omne solum forti patria est, ut piscibus æquor,
                        Ut volucri vacuo quiquid in orbe patet.

    Fasti, 1.

  5.                Nescio qua natale solum dulcedine capit, ecc.