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ovidio | 377 |
i divorzj erano tanto consueti, che le nozze prendeano aspetto di legittimi adulterj. Quindi più comuni gli amorazzi, e a questi porse fomento Ovidio co’ suoi versi.
L’anno che Augusto diede la naumachia (752 di Roma) e mandò in esiglio la figliuola Giulia per le sue disonestà, Ovidio pubblicò i due primi libri dell’Arte d’amare, dove insegna come cercarsi un’amica, come acquistarsela, per insegnar poi nel III come conservarla. Meglio che Arte di amare s’intitolerebbe Arte di sedurre. Frondoso e lussureggiante sempre, mille versi occupa per descrivere la donna a cui dire — Tu sola mi piaci»1; quasi la scelta sia effetto di calcolo. Passeggiar per le vie, darsi aria sulle piazze, confrontare le brune colle bionde, villeggiare a Baja, principalmente cattivarsi le cameriere con oro e carezze, insinuarsi nelle grazie del marito, insistere ma senza nojare, nè per rifiuti smettere la speranza, fingersi soffrente, simulare una rivale, sopratutto saper tacere, e credere di non aver peccato ove il peccato può negarsi2, son le arti che insegna questo ingegnoso spositore della corruttela del suo secolo, d’un secolo dove egli poteva chiamare poco urbano il marito che pretendesse casta la donna sua nella città, i cui fondatori non nacquero senza colpa3, e dove osava proporre quasi specchio l’amor di Pasifae.
Chi aspira a conquiste, frequenti i boschetti di Pompeo o il portico di Livia, e le feste del compianto Adone, e i sabbati del Giudeo, ma principalmente i teatri e i circhi, dove in folla mirabile accorrono le donne per vedere e farsi vedere4, sdrucciolo della castità; ivi applauda ai cavalli, agli attori che l’amica preferisce; scuota dal grembo di lei ogni granello di polvere che vi sia, la scuota se anche non ve ne sia, e colga ogni occasione di prestarle servigio; sostenerle il pallio se strascica; accomodarle il cuscino; non permettere che alcun ginocchio la pigi; farle vento, e scommettere sulle vittorie; inezie che cattivano gli animi piccoli. Ma arte