Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
ovidio | 375 |
oppostele non tanto dal marito, del quale anzi era soverchia la connivenza, fin a togliermi il solletico della difficoltà1, quanto da servi, eunuchi, donzelle che la circondavano: piacevasi molto d’aver regali, il che faceva che a me, non ricco poeta, preferisse altri più suntuosi donatori. Quindi ripetute infedeltà, delle quali non solo mi querelavo in versi, ma fin la battevo; pur dovevo rimaner persuaso che, come di me, così da altri lasciavasi amare2, forse cercata appunto perchè sapevanla amata da me, o pei vanti ch’io le avea dato; onde le divenivo galeotto3. Siffatta, io non poteva stimarla, ma la beltà da essa incatenavami, e deh fosse stata o men bella o meno facile!4 Pure, tal qual era, io non potea vivere nè con lei nè senza di lei5. La scaltra conosceva le opportunità del resistere e del cedere; colta com’era, or coi libri, or col suono mi allettava; mostravasi schiva e superba, ed or fingevasi pentita, or ostentava i proprj falli, talchè io doveva pregarla di almen celarmeli6....»
Ci piacerebbe poter lasciare il poeta nostro raccontar sè medesimo nè sarebbe difficile il cavarne tutti i suoi casi, eccetto quelli di che
- ↑
Quid mihi cum facili, quid cum lenone marito?
Corrumpis vitio gaudia nostra tuo.
Quin alium quem tanta juvet patientia quæris?
Me tibi rivalem si juvat esse, vita.Amor. II, 19
- ↑
Quæ modo dicta mea est, quam cœpi solus amare,
Cum multis vereor ne sit habenda mihi.Amor. III, 12.
- ↑
Caussa fuit multis noster amoris amor.
Amor. III, 11.
Ingenio prostitit illa meo,
Vendibilis culpa facta puella mea est.
Me lenone placet; duce me productus amator,
Janua per nostras est adaperta manus.Amor. III, 12.
- ↑
Aversor morum crimina, corpus amo.
Aut formosa fores minus, aut minus improba vellem;
Non facit ad mores tam bona fama malos.Amor, III, 11.
- ↑
Sic ego nec sine te, nec tecum vivere possum.
Amor. III, 13.
- ↑ Amor. III, 14.