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cecco d’ascoli 357

chiuso in mano. Nè scusato debb’essere dicendo che crede non essere contro la fede pigliare il tempo, eleggere guerra, e simile; che sarebbe una ignoranza molto grossa, anzi un’opinione eretica. Nè debbe scusare che in fine delli detti scritti esprime, se in quelli fossero alcune cose non ben dette, di rimettersi alla cognizione della santa Madre Chiesa; perchè in quella si sono trovate espresse eresie, scritte dopo aver giurato; e basta che una sola volta abbia ingannato la Chiesa; perchè questa protestazione è indirettamente contraria al fatto stesso, e l’aggrava maggiormente.

E siccome non possiamo nè dobbiamo passare tali e tante cose fatte per lo detto maestro delli errori, in dispregio dell’Eterna Maestà e per lesione della fede cristiana, considerata la sentenza data per frate Lamberto contro di lui, e il giuramento ch’esso fece, e la penitenza che ricevè, della quale non si curando, dice non si ricordare; e viste le altre cose che dal medesimo inquisitore abbiamo ricevuto, e udito i testimonj e le sue confessioni, e datoli il termine per finirle e scusarsi; e poichè nè fece alcuna scusa e, nel giorno che seguiva detto termine, quelle raffermò di sua spontanea volontà, e disse di nuovo essere vere; conferita la cosa con prelati, e molte altre persone e dottori di legge, religiosi teologi, e con altri tanto chierici che laici, pronunziamo il detto maestro Cecco essere cascato nell’eresia, nella quale con giuramento aveva già promesso di non cascare, e pertanto doversi dare e concedere al giudizio secolare. E così lo concediamo al nobile milite messer Jacopo di Brescia, vicario fiorentino, per punirlo con la debita pena. E ancora il libro composto sopra la sfera, pieno di eresie e d’inganni; e un altro libro in vulgare nominato l’Acerba (dal qual nome ne segue, che non contiene in sè maturità alcuna, presupponendovi che molte cose che appartengono alla virtù e ai costumi nascono dalle stelle, e a quelle ritornano come a loro cause) e riprovando tutti i suoi ammaestramenti, senza dottrina composti, ordiniamo di abbruciarle con detto Cecco. E così ordiniamo e comandiamo».

La condanna di Cecco non fu dunque per magia e astrologia: del che troppe persone erano macchiate allora, eppur teneansi a servizio da Comuni, da principi, da prelati. Bensì per eresie, e per esservi ricaduto dopo la promessa. E per verità, studiando l’opera di Cecco, vedesi ch’egli mirava a un innovamento della scienza, e per mezzo di questa, a un innovamento della vita nell’intelligenza,