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336 illustri italiani

e ad Alessandro di Russia muove la guerra più grandiosa e più disastrosa che le storie moderne raccontassero. Cinquecentomila uomini d’ogni paese, Italiani, Sassoni, Austriaci, Spagnuoli, Bavaresi, Portoghesi, Svizzeri, Badesi, sono spinti traverso alla fremente Germania (1812), e spaventosamente si avanzano fin oltre il Niemen. I Russi, incitati a lotta di religione e di nazionalità, obbediscono all’imperator loro, continuamente ritirandosi e devastando, sicchè Napoleone non trova che il deserto, la desolazione, e qualche banda di Cosacchi che gli bezzicano i fianchi. Bestemmiando questi Barbari, che non vogliono lasciarsi vincere ed osano voler la patria indipendente, entra in Mosca (14 settembre); ma fra pochi giorni ecco sollevarsi dapertutto le fiamme, accese da un patriotismo selvaggio; e quel gigantesco esercito, lasciandola in cenere, è costretto mettersi in ritirata, carico di prede, ma famabondo e sopraggiunto da un’orrida vernata.

Napoleone, avvezzo a vincer sempre, andar sempre innanzi, nulla avea disposto per la ritirata, che riuscì desolante, a segno che trecencinquantamila uomini vi perirono, e i cavalli e l’artiglieria; ma il famoso bullettino che, dopo continue assicurazioni di vittoria, annunziava quell’immenso disastro, ne incolpava la debole tempra e il non bastante coraggio dei soldati, e finiva assicurando che — la salute di Sua Maestà non fu mai migliore».

Napoleone si sottrasse all’orrido spettacolo correndo a Parigi, dov’era necessario per mantenere l’obbedienza, scassinata non appena vacillò la fortuna, e per imporre nuovi sacrifizj. Li domanda senza voler nulla concedere alla libertà; ma tanto era forte l’introdotta organizzazione, che gli ottiene, e ben presto ha allestito un nuovo esercito, col quale fa una famosa campagna contro tutte le genti riscosse, che la intitolarono guerra dei popoli. Già i re più non isperavano pace da Napoleone, nè fidavano alla sua parola: i gemiti dell’oltraggiata Luigia regina di Prussia, i canti dei lirici tedeschi, le gazzette di Vienna e di Berlino, i proclami di Genze, di Görres, di Stein, di Bragation, di Jovellanos, gl’intrighi di Demouriez, di Moreau, di Pozzodiborgo, fin di Talleyrand e di Fouché, accordavansi a ruina di Napoleone; il suo suocero si allea coi popoli; il suo antico maresciallo Bernadotte divenuto principe di Svezia, gli si inimica; l’odio comune cancella i dissensi fra i venti Stati d’Europa, che, sentendo la potenza dell’unione, mettono insieme 800,000 uomini, animati d’entusiasmo contro un esercito che l’ha perduto, contro generali che si accorgono