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unico pensiero, la salvezza dell’anima, eppur ciascuno portandovi gli affetti, le passioni, le fantasie proprie. Il devoto entusiasmo di tutta cristianità si concentrò nel poeta, il quale tolse a cantar l’uomo, e come i suoi meriti in terra sono retribuiti nell’altro mondo.

Già la cavalleria aveva mostrato potersi amare senza peccato, e come stimolo al bene; ed egli aveva amato una fanciulla di nove anni, che sposò un altro e che volò in paradiso. Dante pure vedeva il mondo come una valle di lacrime, un pellegrinaggio verso un’altra vita, dove soltanto era la realtà; da cui solo trovava spiegazione la presente. Ma di quel mondo postumo poco o nulla dice la rivelazione: l’immaginazione avea dovuto foggiarlo sopra il mondo di qua, descriverlo colle forme materiali della vita, secondo una giustizia dura quanto l’umana.

Come l’epopea più ardita, così essa è l’opera più lirica di nostra favella, giacchè nel canto egli trasfonde l’ispirazione propria, l’entusiasmo onde ardeva per la religione, per la patria, per l’impero, e gl’immortali suoi rancori.

Le pitture e ancor meno le architetture d’allora non ci allettano col sentimento armonico della perfezione, come le greche e le romane: sibbene son elementi essenziali della storia, ritraendo la condizione sociale, e mostrando sempre in presenza, se non in armonia, la Chiesa e l’Impero, la feudalità e i Comuni, la cattedrale e il palazzo, le città e le rôcche, gli spedali e i conventi.

Così il poema di Dante: ed io me lo figuro intento qualche volta a discorrere con Giotto ad Assisi, o in Firenze con Arnolfo (1310) sui segreti delle logge massoniche, sul mistico aritmo e sulle forme simboliche, secondo cui concordano le figure geometriche, le proporzioni generali e l’intero aspetto dell’edifizio, dall’ornamento vegetale, variato eppure armonico nell’effetto, semplice e organico nel principio, insino alle pareti trasparenti per finestroni effigiati, alle statue, ai dipinti; tutto ciò che riportasse le menti verso l’origine del vero culto e la destinazione del tempio; tutto ciò che rammentasse la Chiesa non esser compagine di sassi ma edifizio vivente, di cui Gesù Cristo è pietra angolare, e membri i fedeli. Per tal guisa la cattedrale diveniva immagine finita del modello infinito della creazione: come il mondo è il tempio che il Signore si fabbricò nello spazio, così la chiesa materiale rappresenta all’uomo la creazione, qual egli la concepisce nella causa prima; è l’idea più com-