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napoleone | 317 |
venir Pio VII a coronarlo a Parigi (2 dicembre 1804): dove giurava l’eguaglianza civile, la tolleranza di tutti i culti, il concorso di tutta la nazione a far le leggi, l’ammissione di tutti alle dignità e agli impieghi. Gli Italiani, nei comizj radunati a Lione, chiamandolo presidente della Repubblica Italiana col nome, allora primanente unito, di Napoleone Buonaparte, aveano additata ai popoli e a lui la via al trono: allora lo chiesero re d’Italia, e come tale si sacrò in Milano (1805, 16 maggio), ove ponendosi da sè stesso la corona ferrea, disse: — Dio me l’ha data, guai a chi la tocca».
Consacrazione più effettiva ai nuovi titoli bisognava fossero le vittorie, per quanto la Francia lo avesse sublimato per la promessa della pace. Mosso contro la Russia e l’Austria, gira alle spalle di Mack, lo chiude in Ulma (8 settembre 1805), e fa prigionieri 33,000 Austriaci senza tirar colpo; poi ad Austerlitz (2 dicembre) riporta una vittoria decisiva, cui segue la pace di Presburgo (26 dicembre), per cui all’Austria toglieva il Tirolo, e il Veneto e 140 milioni; ma fedele al suo sistema d’indebolire i territori senza annichilare il nemico, lasciava l’Austria ancor tanto robusta, da molestarlo sempre, e infine perderlo.
Scompone allora il millennario Impero Germanico, sostituendovi una Confederazione Renana, di cui si dichiara protettore; colloca i proprj fratelli sui troni di Napoli e di Westfalia; rompe la Prussia a Jena (14 ottobre 1806). La Russia, alla cui testa allora stava un grand’uomo, Alessandro I, non avea preso parte alla pace: e Napoleone, voltosi ad abbatterla, ridesta le speranze immortali de’ Polacchi, sconfigge i Russi a Friedland (14 giugno 1807), e chiede un
«E gli fu risposto che senza dubbio entrò nel voto una profonda riconoscenza per l’uomo che ci governa.... Sì: questo cittadino ben meritò del suo paese. Fu chiamato al potere in giorni di discordia, e degnamente compì la sua missione: con man ferma rattenne le fazioni dentro, vinse i nemici di fuori, dettò la pace, cominciò la giustizia, consolò la sventura.... È naturale questo movimento d’un popolo generoso, che ama prolungare l’autorità che lo salvò, e cerca pel maggiore de’ servigi la maggiore delle ricompense.... Ma oltre ciò, oltre i riflessi politici, ci mosse la ferma confidenza che Buonaparte, ascoltando l’ispirazione della sua anima e la voce de’ buoni cittadini, porrà egli stesso all’autorità sua un limite, non profitterà di questo prolungamento della magistratura che per compiere e realizzare istituzioni dirette a formar un potere veramente nazionale, che secondo il suo, lo temperi, lo supplisca, ne assicuri la legittima trasmissione».