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argine ai capricci de’ vecchi nostri padroni? Non in un senato avvilito, in un consiglio di stato amovibile e inconsistente, in un corpo legislativo muto, in un tribunale tremante e mendicante di posti, in una magistratura disistimata può cercarsi un contrapeso al potere smisurato che confidasi a un uomo solo»1.

Pure quel colpo ad una amministrazione impura e screditata surrogava un potere eccessivo ma regolare, e gli animi, stanchi di quegli ordigni costituzionali, invocavano d’esser governati.


VII.


Il consolato poteva esser uno dei tanti cambiamenti subìti dalla rivoluzione, e di durata efimera come gli altri: oppure esser il cominciamento d’un’êra di quiete, «dove la libertà e la repubblica cessassero d’essere vani nomi».

La rivoluzione, cominciata dalle cattedre e dai libri, logicamente era arrivata alle barricate e alla ghigliottina: le rosee speranze di Saint-Pierre, Marmontel, Rousseau riuscirono a Marat, a Danton, a Saint-Just, a patiboli dove bisognava scavare fogne perchè il sangue defluisse. Sbigottita dei proprj eccessi, fiaccata da queste frenesie, la Francia non sentesi più vigore nè per continuare gli eccessi, nè per rientrare nell’ordine: e questo barcolamento appare dopo Termidoro e nel Direttorio che vi succede, con qualche risalto di ferocia in mezzo all’inerzia stanca. La immoralità era immensa, cresciuta dallo spettacolo della gente nuova, impinguatasi colle confische. Pure allora cominciavasi a gustare l’uguaglianza, la libertà, gli altri beni che colla rivoluzione eransi acquistati, pur comprendendo che sarebbonsi potuti avere ad assai minore costo: e bramavasi consolidare lo stato nuovo, per non esporsi a un’altra rivoluzione.

Lo scopo di Buonaparte riduceasi dunque ad arrestare la rivoluzione, profittando di quel ch’essa aveva recato di buono. Di fronte a un andazzo di cose che, a forza di dirlo, erasi creduto insopportabile, non poteva che esser applaudito un sistema che proclamava l’abolizione d’ogni privilegio, l’eguaglianza di tutti in faccia alla legge, il prender parte tutti alle determinazioni politiche. Ma tutto ciò era un fatto critico, una distruzione, un’arma di guerra: nè valeva a stabilire un

  1. Miot de Melito, Mémoires, II, 170.