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luzionario e al direttore Röderer scriveva: — Sono un soldato, figlio della rivoluzione, uscito dal popolo, e non soffrirò d’essere insultato come un re»; ma sotto quelle sparate demagogiche aspirava a comporre e riordinare; mentre gli altri rubavano, egli accettava regali per sè, per la donna sua, pei parenti, e di continuo inviava denaro alla sua famiglia per educare i fratelli, per dotare le sorelle, per procacciarsi una casa ove riposarsi se le vicende d’allora lo riducessero ancora al nulla1: nel trattar suo già vedeasi la superiorità, e dalla sciarpa tricolore trasparivano le api imperiali. Fin d’allora diceva al Melzi e al conte Miot: — Credete voi che io trionfi per l’ingrandimento degli avvocati del Direttorio, per Carnot o Barras? credete sia per fondare una repubblica? Che idea! una repubblica di trenta milioni d’uomini coi costumi nostri e i nostri vizj! Possibil mai? È una chimera che passerà come l’altre mode de’ Francesi. Essi hanno bisogno di gloria, di soddisfar la loro vanità; di libertà non intendono un’acca. La nazione ha mestieri d’un capo: capo illustre per gloria; non di teoriche governative o di frasi ideologiche. Le si diano balocchi, e basta: si spasserà, e lascierassi guidare, purchè si dissimuli la meta a cui vuolsi dirizzarla»2.

Buonaparte avea preso affetto alla Lombardia, sua creazione, e cercando qualche altro compenso da dare all’Austria in cambio de’ Paesi Bassi, parvegli opportuna Venezia. Questa antica e gloriosa repubblica avea sperato assicurarsi l’amicizia della repubblica francese col democratizzarsi. Le trame fatte per ciò, le violente invettive lanciatele dalla sciagurata propensione degli Italiani di vilipendere il proprio passato e sconoscere le indigene grandezze, vennero secondate dalle armi francesi, sicchè l’antico governo fu abbattuto, e Venezia anch’ella gavazzò d’inni al liberatore straniero, che la salvava dall’oppressura della patria aristocrazia. Ciechi! Appunto allora Buonaparte conchiudeva a Campoformio la pace (16-17 ottobre), per la quale lo Stato Veneto sino all’Adige era consegnato all’Austria.

  1. Il 10 dicembre 1796, Buonaparte scriveva a Giuseppe suo fratello: «La pace con Parma è fatta. Torna al più presto. Metti sesto ai nostri affari domestici, principalmente alla nostra casa (in Corsica), che per tutte le evenienze desidero sia capace e degna di essere abitata. Bisogna rimetterla nello stato di prima, attaccandovi l’appartamento d’Ignazio». Correspondance du roi Joseph.
  2. Mémoires du comte Miot de Melito, t. I, p. 163.