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12 illustri italiani



V.


Il profondo sentire lo spingeva a volersi cingere il cordone di san Francesco; poi se ne distolse per mescolarsi ne’ parteggiamenti civili, attesochè nelle democrazie, massime se ristrette, i giovani sono facilmente portati verso gli affari pubblici, e vedendo il Governo da vicino, credono conoscerlo e facile il guidarlo. Dante «fu uomo molto polito, di statura decente e di grato aspetto, pieno di gravità, parlatore rado e tardo, ma nelle sue risposte molto sottile. Nè per gli studj si racchiuse in ozio, nè privossi del secolo; ma vivendo e conversando con gli altri giovani di sua età, costumato, accorto e valoroso, ad ogni servizio giovanile si trovava. Ed era mirabil cosa che, studiando continuamente, a niuna persona sarebbe paruto ch’egli studiasse, per l’usanza lieta e conversazione gioviale» (Leonardo Aretino). E fu veramente suo distintivo il passare agevolmente dalla contemplazione all’attività, che esercitò a servizio della fazione guelfa in magistrature, in ambascerie, e colle armi a Campaldino; e alla scuola della politica, allo straziante contatto degli uomini, al laborioso insegnamento delle rivoluzioni ebbe vero esperimento dell’inferno, del purgatorio e del paradiso.

L’antica nobiltà fiorentina, che pretendeva discendere dai Romani, avea sempre messo ostacolo all’alzarsi della gente nuova, e parteggiato coi Guelfi, che l’indipendenza italiana metteano all’ombra della santa sede. Così aveano usato gli Alighieri e Dante stesso, fin quando essi Guelfi si partirono in Neri e Bianchi e quest’ultimi deviarono a segno, da potersi considerare come Ghibellini. Dante stette fra questi, e con loro fu mandato in esiglio. Che ne sia della malversazione addebitatagli nella sentenza da Cante d’Agubio, nol possiam dire; Dante non ne fa motto in verun luogo, perchè v’ha azioni di cui uno non si difende, come altre di cui non si vanta; e troppo è consueto alle fazioni denigrare chi vogliono perdere, e sceglier le accuse appunto che più ripugnano al carattere dell’oltraggiato, correndo le plebi a credere più facilmente ciò ch’è meno credibile.

Dante badossi alcun tempo alla guelfa Siena e ad Arezzo ghibellina insieme cogli esuli; ingrata società, che lo costringeva a partecipare ad ire impotenti, a garrule speranze, a persecutrici esagerazioni che non erano le sue. Con soccorsi di Bartolomeo della Scala