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napoleone 297

Enciclopedisti, seguito nelle gazzette la rivoluzione di Francia, cenato alle loggie massoniche: e quelli più serj che vagheggiavano la nazionalità italiana, e la speravano da repubblicani, non ambiziosi come i re, e da un generale italiano. La turba, ubriaca sempre d’entusiasmo per la forza, non finiva di applaudire al giovane eroe. Tremavano invece quelli attaccati all’ordine antico, alla quiete, alla religione, alle ricchezze, prevedendo come tutto sarebbe messo in subbuglio da una nazione che avea dichiarato volere strozzare l’ultimo re colle budella dell’ultimo prete.

Intanto per Buonaparte attaccare era vincere, vincere era conquistare, e subito doveva sistemare, dapertutto ai Governi antichi sostituendo i municipali. Entrato negli Stati di Parma e Piacenza, al duca concesse un armistizio per due milioni di lire, milleseicento cavalli, grano, venti quadri de’ migliori. E mentre i Tedeschi l’aspettano sul Po a Valenza, egli passa quel fiume obliquamente a Piacenza, batte Beaulieu, tardi accorso, vince di nuovo gli Austriaci al ponte di Lodi sull’Adda (9 maggio), e arriva a Milano (31 maggio), colla campagna più poetica che mai si fosse fatta.

Ufficiali militari prepone a tutte le municipalità; Binasco e Pavia, che osò far movimento, abbandona al fuoco e al saccheggio: dapertutto mette imposizione di guerra, toglie gli argenti alle chiese, i pegni ai Monti di pietà; e vede i suoi cenciosi soldati rivestiti, pingui, denarosi, carezzati dagli uomini e più dalle donne.

Imposti altri dieci milioni e viveri o quadri al duca di Modena, spedisce al Direttorio trenta milioni, cento cavalli di lusso, e altre somme all’esercito del Reno: «Prima volta (scrive egli) nella storia moderna che un esercito provvedesse ai bisogni della patria, anzichè esserle d’aggravio». A’ suoi proclama: — Altre marcie forzate ci restano, nemici a sottomettere, allori a cogliere, ingiurie a vendicare: quei che in Francia aguzzarono i pugnali fratricidi, tremino; i popoli tengansi sicuri; noi siamo amici dei popoli. Ripristinare il Campidoglio, resuscitare il popolo romano dalla lunga schiavitù, sarà frutto delle nostre vittorie. Il popolo francese, libero e rispettato da tutti darà all’Europa una pace gloriosa, che lo compenserà de’ sagrifizj di questi sei anni. Allora voi tornereste ai vostri focolari, e i concittadini additandovi diranno: Egli era nell’esercito d’Italia».

E le sue parole erano sempre di libertà, d’indipendenza, del suo grande amore pei popoli, e massime pei figliuoli dei Bruti e degli Sci-