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pasquale paoli | 279 |
del mio buon padre, i primi raggi della ragione me ne fecero desiderare la libertà: le più disastrose vicende, gli esigli, i pericoli, la lontananza, gli agi non hanno potuto farmi perdere di vista un sì caro oggetto, verso il quale ha sempre mirato ogni mia operazione».
I Côrsi, che non sapeano rassegnarsi al giogo, mutaronsi in briganti, fra cui l’intrepido prete Domenico Leca; e per vent’anni tolsero ogni sicurezza a quel possesso, che non poteva esser tenuta sulle prime se non coi rigori marziali, squartando chiunque fosse trovato con armi, punendo chiunque rimembrasse il passato. Con tanto sangue e tanto oro la Francia ebbe acquistato un’isola di nessun prodotto, ma supremamente importante alla sicurezza delle coste di Provenza ed al commercio nel Mediterraneo. I nobili lasciavansi pigliare alle blandizie; i popolani scrissero:
Gallia, vicisti profuso turpiter auro;
Armis pauca, dolo plurima, jure nihil.
Scoppiata poi la rivoluzione francese, l’Assemblea Nazionale, su proposizione del côrso Saliceti, decretò la Corsica formar parte della Francia; i Côrsi, ch’erano banditi per averla difesa, potessero rientrare, colla pienezza dei diritti di cittadini francesi.
Allora (1792) fu richiamato l’esule Pasquale Paoli, che, accolto in trionfo a Parigi e per tutta Francia, rivide la patria, sperando sarebbe resa libera da quei Francesi stessi che l’aveano incatenata, e con 387 sopra 388 voci è nominato presidente dell’amministrazione del dipartimento e comandante della guardia nazionale. L’onor d’una statua ricusò, dicendo: — Non profondate i segni di stima a chi non finì ancora la sua carriera. Chi vi assicura che gli ultimi passi miei non vi eccitino a sentimenti diversi? Differite il giudizio: già la mia fine non è lontana». E dissuadeva dalle infingarde astensioni, e raccomandava di preferire la fusione colla libera Francia a un’indipendenza che troverebbe venditori e usurpatori. — Quante volte non fu a me offerta la sovranità dell’isola! Altri potrebbe prevalersene. Invece noi potremo giovar alla patria come rappresentanti nell’Assemblea, la quale un giorno darà lume e norma all’Europa intiera. Chi sa che gli eloquenti periodi non facciano crollare i troni dei despoti?» Insieme diceva: — Deh nell’Assemblea ci fossero meno oratori e filosofanti! La Magna Carta dell’Inglesi è breve;