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cose venerande; l’architettura sublimar le guglie di sopra alle umili abitazioni dell’uomo e alle regolate curve dei classici; ma a tutto sovrastare la filosofia della preghiera e dell’espiamento, della rassegnazione e della speranza, eterna quanto i gemiti dell’umanità.

Della legge del progresso che faceasi sentir più che mai, si fa grande fattore l’Alighieri, che raccogliendo e coordinando tutto il passato, inizia tutto l’avvenire; onde possiam dire non vi sarà una gente d’Europa, nella cui storia non accada menzione di lui; non ramo dell’albero enciclopedico ov’esso non figuri. Perocchè l’opera, il tempo, il poeta formano una cosa sola, e rappresentante di quest’età sarà un uomo, che dall’età sua fu sconosciuto, dalle invidie partigiane calpesto, che visse esule in mezzo alla patria ancor prima d’esserne sbandito; che le soavi ispirazioni di Beatrice mutò ne’ fremiti di Farinata, nelle imprecazioni di Ciacco e ne’ rimbrotti severi di san Pietro; che vergognoso di cadere in compagnia di persone troppo diverse, vantavasi di «farsi parte da sè stesso»; rimproverando tanto, eppur tanto amando una patria, ch’egli non volle ricuperare con una bassezza.

Discendente da un Cacciaguida, che erasi meritato il paradiso crociandosi dietro all’imperatore Corrado, nacque a Firenze il 1265. A nove anni, capitato coi parenti a festeggiare il calen di maggio in casa di Folco de’ Portinari, vide Bice figlia di questo, la quale. «di tempo non trapassava l’anno ottavo, era leggiadretta assai, e ne’ suoi costumi piacevole e gentile, bella nel viso, e nelle sue parole con più gravezza che la sua piccola età non richiedea. E Dante così la ricevette nell’animo, che altro sopravvegnente piacere la bella immagine di lei spegnere nè potè, nè cacciare» (Boccaccio). Sopra l’amata fanciulla cominciò egli a far versi, inviandoli, com’era costume, ad altri poeti toscani, che o l’avranno dissuaso da una via dove il prevedevano emulo, o donato di que’ compassionevoli conforti che somigliano ad insulto. Dante, con altri poeti amici suoi, aveano istituito la compagnia de’ Fedeli d’amore, dove professavasi fedeltà all’amore delle cose celesti e divine; del quale le dame da essi scelte restavano considerate qual simbolo. Come i Trovadori celebravano Dama Giustizia, Dama Bontà, così essi dedicaronsi a sessanta belle e savie fiorentine, in ciascuna delle quali rappresentavasi una qualità morale che era significata dal loro nome; per esempio. Lucia, Matelda, Beatrice, Savina, Felicita, Giovanna o